FENOMENO CHE SI AGGIUNGE ALLA PRESSIONE DI DEGENERAZIONE DEGLI ELETTRONI

Nane bianche: più son calde più son gonfie

La conferma di un effetto a lungo sospettato ma mai osservato sistematicamente – vale a dire, la dipendenza della relazione massa-raggio di una nana bianca dalla sua temperatura – è ora arrivata dalla misura del redshift gravitazionale di 26mila stelle, ottenuta da un team della Johns Hopkins University usando i dati della Sloan Digital Sky Survey e di Gaia

     27/12/2024

Non saranno estreme quanto le stelle di neutroni – la cui materia è talmente densa che un cucchiaino da tè arriverebbe a pesare, qui sulla Terra, un miliardo di tonnellate – ma anche le “comuni” nane bianche di comune hanno ben poco, almeno rispetto ai nostri standard. Stelle in origine simili al Sole giunte al termine del proprio percorso evolutivo, le nane bianche sono, infatti, comunque dense al punto che un cucchiaino della sostanza di cui sono fatte pesa una tonnellata. Quanto basta per piegare in modo sensibile lo spaziotempo, insomma. Costringendo così la luce che emettono a fare un certo sforzo, per abbandonarle: ecco così che, nel corso della fuga dalla forte gravità della stella, la luce perde energia e si “allunga”, diventando gradualmente più rossa: un fenomeno – previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein – che gli astrofisici chiamano redshift gravitazionale.

Ed è sfruttando questo fenomeno che un team d’astrofisici guidato da Nicole Crumpler, della Johns Hopkins University, è riuscito a trovare una conferma osservativa di un effetto previsto da molto tempo ma che non si era mai riusciti a verificare: la dipendenza dalla temperatura della stella della relazione fra massa e raggio delle nane bianche. Maggiore è la massa d’una nana bianca, dice questa relazione, minore sarà il suo raggio – e dunque più una stella è massiccia e più sarà compatta. Ma questa “compattezza” – conferma il nuovo studio, pubblicato questo mese su The Astrophysical Journal – dipende anche dalla temperatura. In particolare, a parità di massa le nane bianche fredde risultano più compatte – e dunque avranno un raggio minore – di quelle calde. Detto altrimenti, a parità di massa le nane bianche più calde sono un po’ più “gonfie”.

Rappresentazione artistica di due nane bianche con la stessa massa ma con temperature diverse. La stella più calda (a sinistra) è leggermente più gonfia, mentre quella più fredda (a destra) è più compatta. Crediti: Roberto Molar Candanosa/Johns Hopkins University

La conferma è a arrivata combinando le osservazioni di oltre 26mila nane bianche ottenute dalla Sloan Digital Sky Survey, che si avvale di telescopi in Cile e nel Nuovo Messico (Usa), e dalla missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea. Per ogni stella sono state misurate la velocità radiale, la temperatura effettiva, la gravità superficiale e il raggio. Da queste misure, raggruppando le sorgenti per raggio e gravità superficiale così da poter eliminare statisticamente la componente di moto casuale delle velocità radiali, gli autori dello studio sono arrivati a isolare il contributo dovuto al redshift gravitazionale, riuscendo così a ottenere una misura diretta della relazione fra massa e raggio delle stelle del campione. E a verificare, appunto, che a parità di raggio – o di gravità superficiale – le nane bianche più calde hanno sistematicamente redshift gravitazionali maggiori rispetto agli oggetti più freddi.

Già nel 2020 lo stesso team di astrofisici, studiando tremila nane bianche, aveva ottenuto la conferma che si restringono man mano che guadagnano massa a grazie alla cosiddetta “pressione di degenerazione degli elettroni”, un processo quantistico che – se la massa è inferiore al limite di Chandrasekhar – arresta il collasso gravitazionale di una stella giunta “a fine vita”, consentendo così alle nane bianche di mantenere stabili i propri nuclei ultradensi per miliardi di anni senza la necessità di fusione nucleare. Fino a oggi, però, ricorda Crumpler, non si avevano dati sufficienti per confermare con certezza anche il piccolo ma importante effetto della temperatura sulla relazione massa-dimensioni.

Un risultato, sottolineano gli autori dello studio, che segna un passo avanti nel possibile utilizzo di questi oggetti stellari come laboratori naturali per sondare gli effetti della gravità estrema e per cercare tracce di particelle esotiche di materia oscura.

«Le nane bianche sono fra le stelle meglio caratterizzate che abbiamo a disposizione per verificare le teorie alla base della fisica ordinaria, nella speranza di trovare qualcosa di strano che indichi la strada per una nuova fisica fondamentale», dice Crumpler a questo proposito. «Se vogliamo cercare la materia oscura, la gravità quantistica o altre cose esotiche, ci conviene anzitutto capire la fisica normale. Altrimenti ci potrebbe apparire come nuovo qualcosa che in realtà è soltanto una nuova manifestazione di un effetto che già conosciamo».

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