In ricordo di Filippina
Giuseppe Bono
Abbiamo appreso pochi giorni fa che la collega Filippina Caputo è passata a miglior vita. È una notizia particolarmente dolorosa per me, avendo avuto la fortuna di essere stato suo collaboratore per molti anni. Filippina lascia un vuoto non solo dal punto di vista accademico ma anche di guida per le diverse generazioni di astrofisiche, astrofisici e di amministrativi che hanno avuto il privilegio di interagire con lei. Accademicamente Filippina si è laureata in fisica nella seconda metà degli anni Sessanta sotto la guida di Livio Gratton all’Università Sapienza di Roma e ha iniziato a collaborare con gli astrofisici dell’Istituto di astrofisica spaziale di Frascati, dove è diventata ricercatrice nel 1970. Quell’istituto è stato un centro nevralgico dell’astrofisica italiana ed è lì che la conobbi sul finire degli anni ‘80, avendo da poco iniziato a collaborare con Vittorio Castellani e con gli altri ricercatori del gruppo. L’empatia con lei fu immediata e tale è rimasta negli anni a seguire.
Da quegli incontri emerse un programma di ricerca incentrato sulle proprietà evolutive e pulsazionali delle stelle variabili che venivano utilizzate come indicatori di distanza e come traccianti di popolazioni stellari. L’idea era quella di costruire uno scenario teorico che fornisse predizioni solide sugli osservabili stellari e pulsazionali al variare della composizione chimica delle stelle. Filippina ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo di questo progetto che toccava le proprietà intrinseche degli ammassi globulari e delle galassie nane del gruppo locale. Tra questi mi piace ricordare la dicotomia di Oosterhoff, un problema astrofisico rimasto aperto per diversi decenni, su cui lei ha dato contributi fondamentali.
I risultati più importanti dal punto di vista astrofisico che Filippina ha lasciato sono quelli inerenti la topologia della striscia di instabilità delle Cefeidi e dei diagnostici che vengono utilizzati per la determinazione delle distanze e delle età delle stelle variabili. In una serie di articoli venne messa in discussione l’universalità della relazione tra periodo e luminosità delle Cefeidi classiche di Henrietta Leavitt, attualmente al centro della tensione sulla misura della costante di Hubble. In questi articoli sono anche state aperte nuove strade per l’uso delle variabili (RR Lyrae, Cefeidi) per vincolare i gradienti di metallicità nelle galassie vicine e l’abbondanza di elio primordiale. Nel frattempo gli interessi dei gruppi di variabilisti di Capodimonte e di Roma si sono ampliati anche dal punto di vista sperimentale: fotometria prima e spettroscopia dopo per le variabili di ammasso e di campo. Questi risultati hanno contribuito alla visibilità Internazionale dell’astrofisica stellare italiana e hanno dato vita a numerose collaborazioni nazionali e internazionali che hanno visto Filippina come protagonista.
Uno degli aspetti dell’attività di ricerca di Filippina importante da ricordare è che insieme a Vittorio ha avviato alla ricerca almeno tre generazioni di astrofisiche e astrofisici. Era lei che spronava a fare nuove esperienze e che riusciva a mantenere i contatti anche quando i suoi collaboratori trascorrevano lunghi periodi all’estero. Filippina aveva ben chiaro quali fossero le priorità professionali e personali, e in particolare, capire quando gli impegni accademici dovevano cedere il passo a quelli familiari.
Anche dal punto di vista istituzionale la carriera di Filippina è stata brillante e intensa. È diventata astronoma ordinaria dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte (1996-1999), dove negli stessi anni ha ricoperto il ruolo di vice direttrice. Si è trasferita all’Osservatorio astronomico di Roma nel 1999, e dal 2000 al 2003 è diventata membro del Consiglio direttivo del nascente Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), unica donna a essere eletta come rappresentante del personale di ricerca degli osservatori astronomici italiani. È stata anche membro del Consiglio direttivo di diversi osservatori astronomici (Capodimonte, Catania, Roma) e della Società astronomica italiana (Sait). Da sempre sensibile al ruolo femminile nel campo della ricerca astronomica, ha sostenuto e partecipato al Comitato per le pari opportunità nell’Inaf e curato la rubrica “A come astronomA” sul Giornale di astronomia della Sait. Filippina lascia un grande vuoto sia umano che accademico, ma rimarrà per sempre una fonte di ispirazione per le attuali e future generazioni.
Addio alla nostra “Miss Leavitt”
Marcella Marconi, Ilaria Musella, Vincenzo Ripepi e Massimo Dall’Ora
Il gruppo di stelle variabili e popolazioni stellari dell’Inaf di Napoli, addolorato per la scomparsa di Filippina Caputo, ne ricorda con immensa riconoscenza il contributo scientifico e umano. Nel 1996 Filippina è divenuta astronoma ordinaria del nostro Osservatorio e ha iniziato subito con impegno la costruzione di un nuovo gruppo impegnato nel campo della variabilità stellare e della scala delle distanze. Ha organizzato congressi e scuole di dottorato, creato nuove collaborazioni, e si è dedicata al tutoraggio di studenti di laurea e dottorato.
È anche entrata a far parte del Consiglio direttivo dell’Osservatorio con il ruolo di vice-direttrice, impegnandosi con zelo alla creazione di nuove opportunità per i giovani del suo gruppo e non solo. Fino al 1999, anno in cui otterrà il trasferimento all’Osservatorio astronomico di Roma, ha partecipato a tutte le attività di Capodimonte, interagendo con il personale di ricerca, tecnico e amministrativo con spirito di collaborazione e sensibilità all’ascolto delle esigenze e delle problematiche di tutti.
«Grazie a Filippina ho iniziato ad interessarmi delle variabili Cefeidi e alla scala delle distanze extragalattiche, filone di ricerca tuttora molto importante e che occupa ancora gran parte della mia attività scientifica», afferma Vincenzo Ripepi, primo collaboratore e ricercatore staff del gruppo guidato da Filippina a Capodimonte. In quegli anni, grazie a Filippina, Capodimonte è diventato anche un polo di sviluppi teorici nel campo della pulsazione stellare applicata al problema della scala delle distanze extragalattiche con particolare attenzione alla dipendenza delle proprietà delle Cefeidi Classiche dalla metallicità. «Quando Filippina ci convocava nel suo ufficio era sempre per renderci partecipi delle sue intuizioni, dei suoi risultati e delle sfide che aprivano, trasmettendoci passione, entusiasmo e desiderio di conoscenza», ricordano Marcella Marconi e Ilaria Musella.
«Era molto attenta ai rapidi cambiamenti dell’astronomia da Terra», ricorda Massimo Dall’Ora. «Proprio in quegli anni iniziavano ad apparire i primi strumenti per immagini a grande campo, come il Wide Field Imager. La Prof ne intuì subito il grande potenziale, e fu capofila dei primi progetti osservativi focalizzati sulle galassie satelliti della Via Lattea. Un’intuizione che ha caratterizzato ormai un quarto di secolo della ricerca di pulsazione stellare e della Near-Field Cosmology di Capodimonte, e che continua ancora oggi con i più giovani».
Di Filippina non possiamo non ricordare l’empatia. Filippina sapeva comprendere i pensieri che affollavano le menti dei giovani e delle giovani che si avvicinavano al mondo della ricerca, le incertezze, le paure e le difficoltà. Sosteneva le giovani ricercatrici incoraggiandole a mantenere il giusto equilibrio tra attività scientifiche e impegni familiari e si batteva per il superamento di ogni forma di discriminazione o di svantaggio.
Ciao, Prof
Giuliana Fiorentino
Ci tengo a condividere il mio ricordo di Filippina Caputo, la Prof, come l’ho sempre chiamata. Non sono qui a ricordarne il merito scientifico, che senza dubbio è riconosciuto da tanti, ma sono qui a ringraziarla per il ruolo decisivo che ha avuto nel nostro essere qui oggi.
È stata la mia supervisor della tesi di dottorato, nello stesso Osservatorio dove oggi lavoro. Al tempo, ne avevo un po’ di timore per la sua indubbia autorevolezza. Delle volte restavo senza fiato quando mi piombava in ufficio a chiedermi i risultati di qualche esperimento che mi aveva indicato. L’ho vista discutere le sue tesi alle conferenze di settore, sbandierare articoli e difendere i nostri risultati con una tenacia che a quei tempi mi sembrava impossibile da raggiungere.
Mi ha indicato la strada tante volte, come mentore e come donna di scienza. Non ha mai celato le sue idee, anzi le ha sempre difese e promosse agli occhi dei suoi colleghi e di noi giovani studenti. Ha difeso i diritti di tutti ed in particolare delle donne, il diritto a costruirsi una famiglia e ad avere una vita privata oltre la scienza e il lavoro. Trent’anni fa sembrava quasi un’eresia, mentre oggi è un diritto che difendiamo tutte e tutti. Ha sempre avuto fiducia nelle nuove generazioni, pronta al confronto e all’ascolto. Persone come lei hanno permesso a noi studenti di crescere in un ambiente sano, dove la parità di genere non era un’illusione ma la realtà, ho scoperto solo dopo anni quanto quella fosse un’isola felice, l’ho capita e apprezzata dopo molto tempo.
Mi sono sentita smarrita quando alla pensione ha deciso di fare la nonna. Anni dopo ci siamo incontrate a una conferenza e, con una delle sue frasi che restano scritte nella memoria, mi ha incoraggiata, dicendomi che non aveva dubbi che ce l’avrei fatta ad entrare nel mondo della ricerca: “hai le spalle larghe”, mi disse senza esitazione. Da allora credo sia stato così. Oggi la ringrazio per aver scelto di fare la nonna, perché l’esempio si dà con le proprie azioni e non con le parole.
Grazie Filippina, sei nei nostri cuori e nelle nostre azioni.