Il problema dell’inquinamento luminoso – light pollution, in inglese – è una spina nel fianco di astronomi e astrofili. Di fatto, lampione dopo lampione, il cielo notturno è stato progressivamente “cancellato”, sprecando preziosa energia e interferendo con i ritmi biologici di flora e fauna. La gran parte del cielo italiano è irrimediabilmente cancellato, così come quello dell’intera Europa, anche se in misura minore rispetto all’Italia. Non va meglio negli Stati Uniti, India o Cina. Per rendersi conto dello stato attuale dell’inquinamento luminoso nel mondo si può consultare l’atlante mondiale della luminosità artificiale del cielo, da cui si potrà vedere che restano buie solo ampie zone dell’Africa e dell’Asia, il deserto australiano, buona parte del Canada, l’Amazzonia, la Patagonia, oltre alle due regioni polari.
Per quanto si sia cercato di costruire osservatori astronomici in luoghi sempre più remoti, l’avanzamento della light pollution ha iniziato a intaccare il cielo anche dei grandi osservatori, quelli che possiedono telescopi aventi un diametro superiore ai 3 metri. In effetti l’inquinamento luminoso negli osservatori astronomici è uno dei principali fattori da tenere in considerazione per preservare la loro produttività scientifica e la loro vita utile. I risultati di un recente studio mostrano che nei due terzi di queste strutture la radianza del cielo allo zenit ha già superato l’aumento critico del 10 per cento rispetto ai livelli naturali.
A oggi, l’osservatorio con il cielo più buio è il Paranal Observatory, situato sul Cerro Paranal a 2600 metri sul livello del mare, nell’arido deserto di Atacama, realizzato e gestito dall’Eso, l’Osservatorio Australe Europeo. Al Paranal, il maggiore telescopio presente è il Very Large Telescope (Vlt), composto da quattro distinti telescopi, ciascuno di 8,2 metri di diametro, che possono funzionare sia in modo combinato che indipendente. Fin dalla sua inaugurazione avvenuta nel 1999, il Paranal ha portato a importanti scoperte astronomiche, come la prima immagine di un esopianeta (2M1207b, ripreso nel 2004) e la conferma dell’espansione accelerata dell’universo.
Il premio Nobel per la fisica nel 2020 è stato in parte assegnato “per la scoperta di un oggetto compatto super-massiccio al centro della nostra galassia”, ricerca fatta con gli strumenti del Paranal. L’osservatorio, considerata la strumentazione all’avanguardia e il cielo buio di cui dispone, è una risorsa fondamentale per gli astronomi di tutto il mondo, compresi quelli cileni, che ha visto la sua comunità astronomica crescere notevolmente negli ultimi decenni. Inoltre, il vicino Cerro Armazones ospita la costruzione dello Extremely Large Telescope (Elt), che con i suoi 39 metri di diametro sarà il più grande telescopio al mondo, uno strumento che cambierà radicalmente ciò che sappiamo del nostro universo.
Purtroppo però, una minaccia sembra incombere sul limpido cielo del Paranal. Il 24 dicembre 2024, Aes Andes, una sussidiaria della società elettrica statunitense Aes Corporation, ha presentato una valutazione di impatto ambientale alle autorità cilene riguardante un progetto per la produzione di idrogeno verde su scala industriale che dovrebbe essere situato a soli 5-11 chilometri dai telescopi del Paranal. Il progetto, che è in fase di sviluppo iniziale, potrebbe includere una varietà di soluzioni, tra cui idrogeno verde per l’esportazione o il consumo interno, in linea con la National Green Hydrogen Strategy del Cile, oltre all’implementazione di sistemi di accumulo solari ed eolici per supportare il fabbisogno elettrico del Paese.
«La vicinanza del megaprogetto industriale Aes Andes al Paranal rappresenta un rischio critico per i cieli notturni più incontaminati del pianeta», sottolinea il direttore generale dell’Eso, Xavier Barcons. «Le emissioni di polvere durante la costruzione, l’aumento della turbolenza atmosferica e soprattutto l’inquinamento luminoso avranno un impatto irreparabile sulle capacità di osservazione astronomica, che finora hanno attratto investimenti multimiliardari da parte dei governi degli Stati membri dell’Eso».
«Il Cile, e in particolare il Paranal, è un luogo davvero speciale per l’astronomia: i suoi cieli bui sono un patrimonio naturale che trascende i confini e va a beneficio di tutta l’umanità», ha dichiarato Itziar de Gregorio, rappresentante dell’Eso in Cile. «È fondamentale prendere in considerazione luoghi alternativi per questo megaprogetto che non mettano in pericolo uno dei più importanti tesori astronomici del mondo».
La delocalizzazione di questo progetto rimane l’unico modo efficace per evitare danni irreversibili al cielo unico del Paranal. Questa misura non solo salvaguarderà il futuro dell’astronomia, ma preserverà anche uno degli ultimi cieli bui veramente incontaminati della Terra.
Per saperne di più:
- Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “Light pollution indicators for all the major astronomical observatories” di Fabio Falchi, Felipe Ramos, Salvador Bará, Pedro Sanhueza, Marcelo Jaque Arancibia, Guillermo Damke, Pierantonio Cinzano