Mercoledì 8 gennaio 2025, BepiColombo ha volato a soli 295 chilometri sopra la superficie di Mercurio, sul lato freddo e buio del pianeta. Circa sette minuti dopo, è passato direttamente sopra il polo nord del pianeta, prima di affacciarsi sul suo lato illuminato dal Sole. Ieri, giovedì 9 gennaio, il direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) Josef Aschbacher ha presentato la prima immagine del sorvolo. Come durante i precedenti flyby di BepiColombo, le telecamere di monitoraggio del veicolo spaziale (M-Cam) non hanno deluso le aspettative. È stata l’ultima volta che le M-Cam hanno potuto vedere da vicino Mercurio, poiché il modulo della sonda a cui sono collegate si separerà dai due orbiter della missione – il Mercury Planetary Orbiter (Mpo) dell’Esa e il Mercury Magnetospheric Orbiter (Mio) della Jaxa – prima che entrino in orbita intorno a Mercurio alla fine del 2026.
Nella galleria in calce all’articolo vi riportiamo le tre migliori immagini di questo sesto incontro ravvicinato e, nelle relative didascalie, una descrizione di ciò che rivelano sul misterioso Mercurio.
Come vi avevamo anticipato mercoledì, Valentina Galluzzi di Inaf era nella nella control room dello European Space Operations Centre (Esoc) a Darmstadt, in Germania, a seguire il flyby ed è stata tra le prime persone a vedere queste immagini. Media Inaf l’ha raggiunta al suo rientro in Italia per avere qualche commento sull’esperienza e sui risultati raggiunti.
Valentina, è andato tutto come previsto? Qual è stato il momento più emozionante del flyby?
«Io ed Emanuele Simioni dell’Osservatorio Astronomico di Padova, che ci occupiamo delle simulazioni delle immagini delle M-Cam sin dal primo flyby, abbiamo preparato delle previsioni su ciò che le M-Cam avrebbero osservato pochi mesi fa. Questo ha permesso al team di prepararsi in anticipo sulle regioni che avremmo osservato. Nonostante ci sia sempre un po’ di nervosismo nell’attesa di vedere se tutto tornava, è andato come previsto e ne siamo molto felici. Il momento più emozionante è stato vedere l’immagine del polo nord di Mercurio ripreso per la prima volta da BepiColombo. Siamo stati fortunati che in quel momento molti crateri del polo nord fossero allineati con il terminatore (il confine tra il giorno e la notte, ndr), creando una scena drammatica e appagante. Sapevamo già che avremmo visto questo scenario, ma vedere il risultato vero dà sempre una scossa di emozione in più, in quanto le nostre previsioni sono basate su dati raccolti 10 anni fa, mentre questi sono risultati aggiornati in tempo quasi reale».
Quante foto sono state scattate e quale preferisce?
«Abbiamo scattato più di 60 foto con M-Cam1 e M-Cam2 con Mercurio nel loro campo di vista durante il flyby. Quella che preferisco è appunto l’immagine di M-Cam1 del polo nord perché sono consapevole che quella regione nasconde grandi enigmi, in quanto il Sole è sempre molto radente facendo sì che esistano aree in ombra permanente che probabilmente ospitano ghiaccio. Purtroppo le M-Cam non sono camere scientifiche e non hanno potuto investigare nel dettaglio questa regione. Ma lo scenario offerto dalle foto aiuta a realizzare la sfida che dovremo affrontare con lo strumento italiano Simbio-Sys e i suoi canali di imaging che al momento, durante la cruise, sono “ciechi” purtroppo. In realtà, anche Simbio-Sys sì è acceso con successo e ha fatto dei test, ma essendo chiuso tra Mpo e Mtm non ha potuto scattare immagini di Mercurio».
Lei di cosa si occupa, in particolare?
«Sono Co-Investigator dello strumento Simbio-Sys e mi occupo di strategie osservative. Mi dedico alla cartografia geologica di Mercurio da oltre 10 anni e al momento sono impegnata nella selezione di target scientifici da osservare con le nostre camere. A bordo di BepiColombo ci sono ben quattro strumenti a guida italiana, di cui due a guida Inaf Iaps Roma (Isa e Serena, che hanno raccolto dati durante il flyby) e uno a guida Inaf Osservatorio di Padova (Simbio-Sys). Inoltre, mi occupo anche dei satelliti ghiacciati di Giove in quanto sono associata allo strumento Janus sulla missione Juice».
Recentemente è uscito un articolo che tratta proprio la geologia di Mercurio, in particolare degli hollows, cavità molto recenti e chiare che caratterizzano molti crateri di Mercurio. Può descriverci i risultati salienti del lavoro?
«Il nostro recente paper sugli hollows è frutto di un aggiornamento che abbiamo fatto al database degli hollows conosciuti e riconoscibili a livello globale. Il lavoro della prima autrice, Barbara De Toffoli, è servito a fornire dati statistici e stratigrafici sulla distribuzione di queste feature. Uno dei risultati è la dimostrazione che non solo la morfologia degli hollows è molto recente e fresca, come risaputo, ma anche di durata effimera nei tempi geologici del pianeta. Rimane quindi difficile capire se tali formazioni si fossero create anche in tempi geologici più antichi (ovvero prima di 1 miliardo di anni fa), rendendole una delle feature geologiche più dinamiche che la superficie di Mercurio possa avere. Il database fornito con questo lavoro è andato ad arricchire la lista dei target Simbio-Sys in quanto gli hollows sono uno degli obiettivi di studio principali della missione».