UN MODELLO DI COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE E GENERAZIONALE

Un premio all’European Pulsar Timing Array

Il Group Achievement Award 2025, il prestigioso premio della Royal Astronomical Society, è stato conferito al gruppo di lavoro internazionale dell’European Pulsar Timing Array. Questo progetto di ricerca di onde gravitazionali tramite l’osservazione di pulsar vede l’Italia protagonista con il Sardinia Radio Telescope dell’Inaf di Cagliari, l’Università di Milano Bicocca e il Gran Sasso Science Institute

     10/01/2025

Premio conferito allo European Pulsar Timing Array (Epta) dalla Royal Astronomical Society. Crediti: Ras

La Royal Astronomical Society (Ras) rappresenta una delle più prestigiose autorità scientifiche internazionali e conferisce ogni anno una serie di premi e medaglie per la ricerca astrofisica e geofisica. Tra questi anche il Group Achievement Award che – già attribuito nel 2019 alla collaborazione Ligo e nel 2021 all’Event Horizon Telescope – nel 2025 è stato assegnato a un progetto scientifico di ampio respiro in cui il contributo italiano è stato e continua a essere importante fin dalla sua nascita: lo European Pulsar Timing Array (Epta).

Epta nasce nei primi anni duemila con l’obiettivo di rivelare onde gravitazionali a bassissima frequenza tramite l’osservazione congiunta di una serie di “orologi cosmici” molto precisi, le cosiddette pulsar: minuscole ma densissime stelle di neutroni il cui battito (corrispondente a una rotazione su sé stesse) può variare, a seconda della specifica pulsar, da alcuni secondi fino ad arrivare al ritmo esasperato di ben 716 giri in un solo secondo (in particolare, queste pulsar vengono chiamate pulsar a millisecondo). Correlando fra loro le minuscole variazioni dei battiti di queste stelle si può misurare il passaggio di onde gravitazionali di bassissima frequenza provenienti da sistemi binari di buchi neri supermassicci.

Per capire quanto bassa sia la frequenza delle onde gravitazionali indagate da Epta, e quanto di conseguenza siano difficili da “afferrare”, ricordiamo anzitutto che esse, in ossequio alla teoria della relatività generale di Albert Einstein, viaggiano alla velocità della luce. La loro frequenza va da 1 a 100 miliardesimi di Hertz. Siccome un Hertz equivale a un ciclo al secondo, la lunghezza di queste onde va da circa 0,3 anni luce (che corrispondono a circa mille volte la distanza tra il Sole e Nettuno), fino a circa 30 anni luce, ovvero circa 3 volte la distanza che ci separa dalla stella Sirio.

Per poter misurare le minime variazioni prodotte nello spaziotempo da queste onde lunghissime, il consorzio Epta ha messo insieme, nel tempo, una dozzina di istituti di ricerca e oltre 80 ricercatori (al 2025, ma se ne sono avvicendati molti di più) che per 25 anni hanno osservato, e continuano a farlo, svariate decine di pulsar (circa 60) selezionate a questo scopo.

Fin dai primordi del terzo millennio (con alcune anticipazioni anche negli anni ’90 del 1900), iniziò dunque una fase osservativa da parte dei più grandi e potenti radiotelescopi europei: Effelsberg (Germania), Jodrell Bank (Regno Unito), Nançay (Francia) e Westerbork (Paesi Bassi), poi raggiunti in corsa dal Sardinia Radio Telescope (Srt) dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) che in quei primi tempi era ancora in costruzione sulle colline intorno a San Basilio, non lontano da Cagliari.

Il team Epta in forze all’Inaf Osservatorio Astronomico di Cagliari. Da sininistra Francesco Iraci, Marta Burgay, Andrea Possenti, Delphine Perrodin, Caterina Tiburzi. Sullo sfondo il Sardinia Radio Telescope e una rappresentazione artistica di coppie di buchi neri supermassicci emittenti onde gravitazionali che impattano sulle stelle pulsar osservate dalla Terra. Crediti: Epta / Inaf / P. Soletta / R. Bonuccelli.

L’allora direttore dell’Osservatorio e “padre” del progetto Srt, Nichi D’Amico, fu tra i primi e più convinti sostenitori di questo nuovo e pionieristico ambito di ricerca astronomica (è bene ricordare che l’ufficializzazione della scoperta delle onde gravitazionali sarebbe arrivata solo nel 2015, con la rivelazione di onde gravitazionali di frequenza elevata, attorno al centinaio di Hertz) e lavorò da subito alla costruzione di un team di astrofisici dedicato a Epta che ancora oggi conta sull’esperienza di Andrea Possenti (già direttore dell’Inaf di Cagliari, oggi Dirigente di Ricerca e membro del direttivo internazionale di Epta), Marta Burgay (scopritrice della celebre e finora unica doppia pulsar), Delphine Perrodin (responsabile in Sardegna di Leap, un sotto-progetto all’interno di Epta), Caterina Tiburzi (una delle massime esperte mondiali degli effetti che il mezzo interstellare impartisce su segnali delle pulsar a millisecondo) e del dottorando Francesco Iraci. Il gruppo Epta ha potuto contare in un recente passato anche sulla collaborazione di Maura Pilia e Alessandro Corongiu.

A questa prima fase di tipo osservativo e tecnologico se n’è aggiunta un’altra caratterizzata da studi più marcatamente teorici in cui si sono inserite con successo l’Università di Milano Bicocca, con un team condotto da Alberto Sesana, e anche il Gran Sasso Science Institute (Gssi), a dimostrazione della varietà e dell’importanza del ruolo italiano in Epta.

I risultati di questo lavoro ultraventennale sono stati presentati inizialmente nel 2021 e successivamente nel 2023, con una seconda importante release che estendeva il precedente set di dati, migliorava la determinazione di parametri cruciali per l’individuazione delle onde gravitazionali di bassissima frequenza e, non secondariamente, rendeva i dati disponibili ad altri ricercatori.

«I risultati del 2023 sono stati l’esito di uno sforzo di ampia portata e di durata pluridecennale dove è stato decisivo mettere a fattor comune il meglio della strumentazione (fra cui Srt di Inaf) e della ricerca europea, sia a livello di studio delle pulsar, sia della astrofisica delle onde gravitazionali di periodo ultra-lungo», spiega Possenti. «L’unione dei mezzi tecnici e delle capacità di tutti è stato l’ingrediente fondamentale».

Questo metodo di lavoro è proprio alla base delle motivazioni che hanno indotto la Royal Astronomical Society a conferire un premio dedicato ai “risultati ottenuti dal gruppo” (Group Achievement Award), come spiega, in attesa della cerimonia ufficiale che avverrà tra qualche mese, lo stesso istituto britannico: «Uno dei punti di forza dell’Epta è la sua struttura ampia, diversificata ed egualitaria. Coinvolgendo collaboratori di diverse nazionalità e background e in particolare incoraggiando e supportando i ricercatori all’inizio della carriera, l’Epta è un modello di collaborazione internazionale e generazionale».