CONTRO I DETRITI SPAZIALI C’È ANCHE LA CARTA ZERO DEBRIS DELL’ESA

Dagli abissi al cielo, una Terra di rifiuti

Pubblicata su One Earth una proposta per le Nazioni Unite di creare un nuovo Obiettivo di sviluppo sostenibile, il diciottesimo, per la tutela dell’orbita terrestre dai detriti spaziali. Un problema che si sta aggravando, come sottolinea l’ultimo report annuale sull’ambiente spaziale dell’Esa, ma per il quale non sono ancora state prese contromisure efficaci

     13/01/2025

Plastiche, reti, microplastiche e persino vere e proprie isole di rifiuti popolano i nostri mari. Cemento, palazzoni, fumi ed emissioni. E ancora deforestazione, eventi climatici estremi, scioglimento della calotta polare. Questo è, solo in parte, il ritratto di come l’uomo ha plasmato (qualcuno azzarderebbe un “rovinato”) il pianeta Terra. Tutte cose che possiamo osservare quotidianamente da satellite. Sì, perché grazie alle costellazioni di satelliti in orbita mari e terre sono costantemente monitorati. E il cielo? Nemmeno quello è un bello spettacolo. Lo potete vedere, da fuori, nell’immagine riportata qui, sulla destra: una rappresentazione abbastanza attendibile di un problema che gli esperti chiamano space debris. Spazzatura spaziale. Un problema preoccupante, al punto che un gruppo di esperti ha scritto un articolo, pubblicato la settimana scorsa su One Earth, per proporre la designazione di un nuovo Obiettivo di sviluppo sostenibile dedicato alla protezione dell’orbita terrestre.

Illustrazione della Terra circondata dai detriti spaziali. Crediti: NASA

Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg), attualmente 17, sono stati scritti e adottati dai membri delle Nazioni Unite nel 2015 come appello universale all’azione per porre fine alla povertà, proteggere il pianeta per le generazioni future e garantire a tutte le persone pace e prosperità. Fra gli ambienti naturali non più incontaminati a rischio, secondo scienziati ed esperti sul tema, ci sarebbe ora anche l’orbita del nostro pianeta. Sono circa cento le nazioni oggi coinvolte in attività spaziali a vari livelli. Dagli anni Cinquanta sono stati lanciati nell’orbita terrestre quasi 20mila satelliti, ma secondo l’ultimo report annuale sull’ambiente spaziale pubblicato dall’Esa alla fine dello scorso anno, il 2024 è stato l’anno con più lanci di sempre e il numero delle costellazioni di satelliti commerciali in alcune orbite terrestri basse continua ad aumentare.

I satelliti apportano immensi benefici alla società, monitorando ecosistemi, supportando le comunicazioni globali e consentendo il mantenimento di reti e servizi utilizzati da miliardi di persone in tutto il pianeta, come la televisione satellitare e i pagamenti contactless – nessuno dubita di questo. Tuttavia, una volta raggiunta la fine della loro vita, molti di questi rimangono abbandonati, e assieme ai diversi stadi di lancio e a frammenti derivanti da esplosioni o collisioni finiscono per accumularsi come detriti orbitali. Un fenomeno che, in una sorta di effetto domino, aumenta ulteriormente la possibilità di collisioni con satelliti attivi e la generazione di ulteriori detriti.

«Lo spazio è essenziale per la nostra vita quotidiana, dalle comunicazioni globali alla comprensione dei cambiamenti climatici, eppure il rapido aumento del dispiegamento di satelliti – 2.877 solo nel 2023 (un aumento del 15 per cento circa rispetto al 2022), e ancora di più nel 2024 – ha portato a un aumento del rischio di collisioni e detriti», dice Melissa Quinn, direttrice generale della Business Unit Internazionale di Slingshot Aerospace e coautrice della proposta di Sdg. «Nel 2024, abbiamo registrato un’impennata del 17 per cento rispetto all’anno precedente nel numero medio di avvicinamenti in orbita terrestre bassa per satellite su Slingshot Beacon, l’applicazione di coordinamento del traffico spaziale di Slingshot. Con oltre 12.500 veicoli spaziali in orbita attorno al nostro pianeta, tra cui più di 3.300 satelliti inattivi, abbiamo bisogno di un’azione globale urgente e coordinata per garantire che lo spazio sia sicuro, sostenibile e protetto».

Un’azione che, secondo Quinn e gli altri autori dell’articolo, acquisterebbe molta più rilevanza se associata alla creazione di un nuovo Sdg. Il che non significa che non vi sia alcuna strategia di mitigazione già in atto da parte delle agenzie spaziali del mondo. Nel 2002, infatti, il Comitato di coordinamento interagenzie per i detriti spaziali (Iadc), di cui l’Esa è membro, ha pubblicato le Linee guida per la mitigazione dei detriti spaziali. Le misure descritte nelle linee guida stabiliscono come progettare, far volare e smaltire le missioni spaziali in modo da evitare la creazione di ulteriori detriti. E dal 2016 lo Space Debris Office dell’Esa pubblica un rapporto annuale sull’ambiente spaziale per fornire una panoramica trasparente delle attività spaziali globali, e determinare in che misura queste e altre misure internazionali di riduzione dei detriti stiano migliorando la sostenibilità a lungo termine del volo spaziale. Nell’ultimo, a cui abbiamo già accennato prima, l’Esa sottolinea che, a oggi, non abbastanza satelliti lasciano queste orbite fortemente congestionate alla fine della loro vita. In altre parole, la stessa Agenzia spaziale europea ammette che, nonostante l’adozione di misure di mitigazione dei detriti spaziali stia lentamente migliorando, siamo ancora molto lontani dall’arresto della produzione di nuovi detriti. E conclude che, senza ulteriori cambiamenti, il comportamento collettivo delle entità che operano nello spazio (aziende private e agenzie nazionali) non è sostenibile a lungo termine.

Per questo, i proponenti del nuovo Sdg sottolineano l’importanza di creare un consenso globale e velocizzare l’attuazione pratica di misure volte ad affrontare la questione. Nella pratica, scrivono gli autori, il nuovo Sdg18 potrebbe trarre diretta ispirazione da uno degli obiettivi esistenti, l’Sdg14: Life Below Water, che riguarda la gestione dei detriti marini. Una cosa che certamente accomuna le due tipologie di rifiuti, e che renderebbe l’intervento delle Nazioni Unite prezioso, scrivono gli autori, è che entrambi si estendono oltre qualunque confine nazionale e internazionale.

«Proprio come l’inquinamento da plastica e il cambiamento climatico, la spazzatura spaziale è un problema che trascende i confini», dice infatti Heather Koldewey, responsabile della conservazione degli oceani e del gruppo Fairer della Zoological Society of London (Zsl) e coautrice dell’articolo. «I nostri continui sforzi per proteggere gli oceani evidenziano quanto siano importanti gli accordi sostenuti dalle Nazioni Unite per gestire questa crisi. È fondamentale imparare dalle sfide e dalle soluzioni che abbiamo trovato nell’affrontare i detriti marini e agire subito per proteggere l’orbita del nostro pianeta».

Qualche passo concreto, negli ultimi anni, è comunque stato fatto. Nell’ultimo rapporto del 2024 l’Esa ha aggiornato i requisiti e gli standard di mitigazione dei detriti che regolano le modalità di progettazione, costruzione, volo e smaltimento delle missioni dell’Agenzia, stabilendo anche le regole per qualsiasi azienda o istituzione che collabora con l’Esa nelle sue missioni. Linee guida più rigorose per la mitigazione dei detriti, che sono state accolte con favore da molti nel settore spaziale. Nel 2023, infine, l’Esa ha facilitato la creazione della Zero Debris Charter, oggi firmata da 12 Paesi e oltre cento entità commerciali e non commerciali, con l’obiettivo di limitare in modo significativo la produzione di detriti nelle orbite terrestri e lunari di tutte le missioni, i programmi e le attività future entro il 2030.

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