CON UNA NUOVA RAPPRESENTAZIONE ARTISTICA DELLA NOSTRA GALASSIA

Il satellite Gaia va in pensione

Oggi, 15 gennaio 2025, il satellite Gaia dell'Agenzia spaziale europea ha terminato la sua fase osservativa e, dopo una serie di test tecnologici previsti nelle prossime settimane, sarà spento definitivamente il 27 marzo. La fase scientifica della missione, che ha mappato con precisione inaudita quasi due miliardi di stelle della Via Lattea, andrà avanti ancora per molti anni, con la quarta data release prevista per il 2026

     15/01/2025

Dopo 3827 giorni e oltre mille miliardi di osservazioni, il satellite Gaia dell’Agenzia spaziale europea (Esa) ha completato oggi le sue ultime osservazioni scientifiche. Lanciato il 19 dicembre 2013, Gaia ha misurato con precisione senza precedenti le posizioni, distanze e moti di quasi due miliardi di stelle per costruire la più grande mappa mai realizzata della nostra galassia, la Via Lattea.

Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, il satellite orbita attorno al punto lagrangiano L2, uno dei punti di equilibrio del sistema Terra-Sole, situato in direzione opposta al Sole rispetto alla Terra. Si tratta di un luogo molto gettonato per l’astronomia spaziale a causa della sua stabilità termica (Sole e Terra si trovano sempre nella stessa direzione) e per questo ospita svariati telescopi. Da qui, Gaia ha scansionato l’intera volta celeste più di venti volte ruotando continuamente intorno al proprio asse con velocità di rotazione costante: un’operazione che costa una decina di grammi di gas (azoto) freddo al giorno. Ed è proprio questo propellente – 55 chili al lancio – che sta per finire.

La missione Gaia in numeri. Crediti: Esa/Gaia/Dpac, illustrazione Via Lattea di Stefan Payne-Wardenaar. Cc By-Sa 3.0 Igo

Così, dopo più di 15mila “piroette spaziali” e oltre un decennio di premiato servizio, Gaia si prepara alla pensione. Oggi, 15 gennaio 2025, sono state compiute le ultime osservazioni del cielo, lasciando il propellente rimasto a bordo per una serie di test tecnologici programmati nei prossimi due mesi. Queste procedure permetteranno di comprendere ancora più a fondo il funzionamento del satellite e della tecnologia di bordo, migliorando la calibrazione dei dati e dunque i risultati scientifici, ma anche la progettazione di missioni spaziali future. In questo periodo, a causa del mutato orientamento in relazione al Sole, Gaia apparirà più brillante nel cielo rispetto al solito: pur non diventando visibile a occhio nudo, sarà più semplice “catturarla” con un piccolo telescopio. Con le ultime manovre, l’Esa allontanerà il satellite dalla sua orbita attorno a L2, indirizzandolo verso un’orbita attorno al Sole, lontano dalla sfera d’influenza terrestre, prima di spegnerlo definitivamente il prossimo 27 marzo.

«Questi test di “fine vita” sono di particolare importanza per comprendere sia la resilienza, dopo oltre dieci anni in L2 (ovvero senza la protezione del campo magnetico terrestre agli ioni pesanti del vento solare), degli oltre cento sensori Ccd che ricoprono il piano focale di Gaia, sia le cause delle anomalie termiche che hanno afflitto le misure astrometriche del satellite in questi anni e che solo la presenza a bordo del sistema metrologico laser Bam (Basic Angle Monitoring) ha permesso di monitorare, caratterizzare e quindi eliminare in fase di riduzione a terra dei dati», spiega a Media Inaf Mario Lattanzi, responsabile nazionale per conto dell’Agenzia spaziale italiana e dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) della partecipazione italiana alla missione Gaia. «I prossimi venti giorni saranno proprio dedicati all’utilizzo del sistema Bam che prenderà continuamente dati, ogni 24 secondi, con le due unità a bordo mentre il satellite modificherà il suo orientamento rispetto alla direzione del Sole. I dati verranno quindi analizzati da un gruppo di scienziati del Data Processing and Analysis Consortium (Dpac) e ingegneri – sia di Esa che delle industrie che hanno realizzato Gaia – attraverso modelli termo-meccanici del satellite».

L’Italia, fortemente coinvolta in Gaia sin dalla genesi della missione, ha una importante partecipazione nel gruppo che analizzarà i risultati dei test delle prossime settimane, attraverso il team dell’Inaf di Torino che ha caratterizzato il comportamento astrometrico dei due campi di vista del satellite durante tutti questi anni grazie al suo sistema Bam, realizzato presso il Data processing center italiano (Dpct) in collaborazione con il team di Altec, sempre a Torino, che ha realizzato e opera l’infrastruttura Dpct. «I nostri team si sono preparati nei mesi scorsi a ricevere e analizzare questa nuova sequenza di dati metrologici e hanno superato brillantemente i test di qualifica sulle sequenze simulate inviate da centro di operazioni scientifiche di Madrid. Siamo quindi oggi pronti a contribuire in modo fondamentale al successo dei test di fine vita così cruciali per una comprensione di dettaglio della macchina Gaia», aggiunge Lattanzi. «Oltre all’impatto che la missione sta avendo ed avrà per molti decenni a venire sull’astrofisica e la cosmologia, Gaia ha rappresentato – e rappresenta – una crescita straordinaria per la comunità italiana non solo scientifica ma, allo stesso modo, tecnologica, avendo creato competenze internazionalmente riconosciute nel campo della caratterizzazione e calibrazione remota di payload digitali dedicati a misure di accuratezza senza precedenti sia astrometriche che fotometriche. Simili risultati e competenze si sono create nel campo dell’informatica avanzata (Big Data) e del calcolo ad alte prestazioni».

Rappresentazione artistica della Via Lattea (vista laterale). Crediti: Crediti: Esa/Gaia/Dpac, Stefan Payne-Wardenaar.
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Se la fase di raccolta dati è terminata, la scienza della missione è ancora in pieno svolgimento. Il catalogo più recente, quello che in gergo viene chiamato la Data Release 3 (Dr3), è stato pubblicato nel 2022 ed è basato su circa tre anni di osservazioni di Gaia. Oltre alle posizioni, distanze e moti per quasi due miliardi di stelle, contiene cataloghi di sorgenti specifiche: stelle binarie, stelle variabili, asteroidi e molto ancora. Ma il meglio deve ancora arrivare.

Da diversi anni, la comunità scientifica della missione Gaia è al lavoro per realizzare la Data Release 4 (Dr4), prevista per il 2026. Sarà una miniera di informazioni ricchissima, contenente circa 500 terabyte di dati e basata su cinque anni e mezzo di osservazioni – l’arco di tempo inizialmente previsto per la missione, la cui vita operativa è stata prolungata con diverse estensioni che ne hanno raddoppiato la durata originale.

«È questa la release di Gaia che la comunità sta aspettando, ed è emozionante pensare che coprirà appena metà dei dati raccolti» nota Antonella Vallenari, ricercatrice Inaf e deputy chair del consorzio Dpac, la collaborazione che comprende centinaia di esperti in tutta Europa incaricati di trasformare le osservazioni di Gaia in cataloghi scientifici ad uso della comunità astronomica internazionale. «Anche se la missione ha smesso di raccogliere dati, il nostro lavoro andrà avanti ancora per molti anni per rendere questi incredibili set di dati pronti all’uso».

I dati resi pubblici finora, nelle prime tre release, hanno già contribuito a rivoluzionare la nostra comprensione della galassia in cui viviamo, permettendo di ricostruire la sua storia passata e, con essa, le nostre origini cosmiche. Dalla scoperta di una “galassia fantasma” che ha plasmato la Via Lattea primordiale ai “blocchi di stelle” che si sono fuse con essa in tempi remoti, dalla collisione che ha “piegato” la forma del disco galattico a quella, più recente, che ne ha “corrugato” l’aspetto, tutti questi studi stanno riscrivendo l’archeologia della nostra galassia. E non solo: negli ultimi anni Gaia ha collezionato risultati sorprendenti su ogni tipo di corpo celeste, dagli asteroidi (con tanto di lune) a buchi neri da record, fino ai lontanissimi quasar, per un totale di 13mila pubblicazioni scientifiche.

Fra i vari aspetti con cui la Dr4 supererà le precedenti data release c’è anche la capacità unica di rivelare i piccoli moti relativi delle coppie di corpi celesti che orbitano uno attorno all’altro: il catalogo di stelle binarie di Gaia, il più grande del suo genere ad oggi, è infatti destinato a crescere ancora di più. Nelle prossime release, che saranno basate su un lasso di tempo più lungo di osservazioni, aumenterà anche il numero di esopianeti, rivelati tracciando minuscole perturbazioni nei moti delle stelle causate da corpi più piccoli in orbita attorno ad esse.

Rappresentazione artistica della Via Lattea. Le annotazioni indicano i nomi delle varie strutture (cliccare per ingrandire). Crediti: Crediti: Esa/Gaia/Dpac, Stefan Payne-Wardenaar.
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L’impatto di questa straordinaria missione ha toccato anche uno dei misteri più intriganti che avvolgono la Via Lattea: il suo aspetto. Non potendo uscire dalla nostra galassia, non è affatto banale determinare come questa possa apparire a un osservatore esterno. Niente selfie, dunque. Ma i dati di Gaia e i numerosi studi basati su di essi sono le prove migliori a nostra disposizione.

Molto è cambiato negli ultimi anni: secondo i modelli più recenti, la Via Lattea avrebbe un numero di bracci a spirale maggiore di due, ma questi sarebbero meno prominenti di quanto ritenuto in passato. Inoltre, la barra centrale sarebbe più inclinata dal punto di vista del Sole, e orientata in maniera diversa in relazione ai bracci a spirale rispetto a quanto noto prima di Gaia. Questi nuovi elementi sono confluiti in una nuova rappresentazione artistica della nostra galassia pubblicata oggi in occasione della fine delle operazioni scientifiche, realizzata da Stefan Payne-Wardenaar, esperto di visualizzazioni scientifiche presso il Max Planck Institute for Astronomy di Heidelberg, in Germania. Rappresentazione artistica, anch’essa, destinata a migliorare ancora con le release di dati degli anni a venire.

Per saperne di più:

  • Leggi la guida sul sito dell’Esa per provare a osservare Gaia con un piccolo telescopio (in inglese)