Le nane bianche sono il risultato dell’evoluzione finale di stelle di piccola e media massa (fino a circa 8 volte la massa del Sole). Anche se non nascono da supernove, come invece accade per le stelle di neutroni e i buchi neri, ne possono essere la causa, portando all’esplosione delle codiddette supernove di tipo Ia. Per decenni queste drammatiche esplosioni hanno svolto un ruolo fondamentale nello studio dell’energia oscura, la misteriosa forza responsabile dell’accelerazione dell’espansione dell’universo, oltre che essere l’origine di molti elementi della nostra tavola periodica, come il titanio, il ferro e il nichel, che si formano nelle condizioni di estrema densità e calore presenti durante le loro esplosioni.
Il telescopio Samuel Oschin da 1.2 metri dell’Osservatorio Palomar in California con un’immagine della Via Lattea sullo sfondo. Le stelle rappresentano il numero di supernove scoperte in ogni direzione e l’inserto è un’immagine di una galassia dopo (a sinistra) e prima (a destra) dell’esplosione della supernova. Crediti: Mickael Rigault
Proprio in questi giorni è stata raggiunta una pietra miliare nella comprensione di questi transienti esplosivi con la pubblicazione di un’importante serie di dati e delle relative 21 pubblicazioni in un numero speciale di Astronomy & Astrophysics, pubblicato il 14 febbraio.
La release, denominata Dr2, contiene 3628 supernove di tipo Ia vicine (z < 0,3) scoperte, seguite e classificate dalla survey Zwicky Transient Facility (Zft) – una survey astronomica che utilizza una fotocamera avanzata collegata al telescopio Samuel Oschin presso l’osservatorio di Monte Palomar, in California – tra marzo 2018 e dicembre 2020. Si tratta della più grande release di supernove Ia mai rilasciata e aumenta di un ordine di grandezza il numero di oggetti ben caratterizzati a basso redshift.
«Grazie alla capacità unica di Ztf di scansionare il cielo rapidamente e in profondità, è stato possibile scoprire nuove esplosioni di stelle fino a un milione di volte più deboli delle stelle più deboli visibili a occhio nudo», afferma Kate Maguire del Trinity College di Dublino.
Uno dei risultati chiave è la scoperta che esistono molteplici modi esotici in cui le nane bianche possono esplodere, tra spettacolari collisioni e cannibalismo in sistemi binari. La sorprendente diversità riscontrata potrebbe avere implicazioni sull’uso di queste supernove nella misurazione delle distanze nell’universo, poiché i vincoli sulle proprietà dell’energia oscura richiedono in modo cruciale che queste esplosioni possano essere standardizzate. «La diversità dei modi in cui le stelle nane bianche possono esplodere è molto più ampia di quanto ci si aspettasse in precedenza, con esplosioni che vanno da quelle così deboli da essere appena visibili ad altre che sono abbastanza luminose da poter essere viste per molti mesi o anni dopo», conclude Maguire.
Insomma, le nane bianche non finiscono di stupirci e pensare che anche la nostra stella – il Sole – terminerà la sua vita in quella forma, non fa che accrescere l’interesse per questi affascinanti oggetti compatti. Pensate che, secondo uno studio pubblicato sempre la scorsa settimana su The Astrophysical Journal, tra i circa 10 miliardi di nane bianche presenti nella Via Lattea, un numero maggiore del previsto potrebbe ospitare esopianeti nella zona abitabile. Sperabilmente, non quelle che daranno origine a supernove!
Per saperne di più:
- Consulta su Astronomy & Astrophysics la Special Issue Ztf Sn Ia Dr2