Siamo animali sociali e abbiamo bisogno di comunicare. Un tempo si scrivevano lettere, poi la tecnologia ci ha dato il telegrafo, il telefono, il fax, il cellulare, evoluto nello smartphone che ha reso obsoleto tutto il resto. Per quanto smart, il nostro telefonino non è autonomo, ha sempre bisogno di connettersi con un ripetitore che veicola il suo segnale alla rete di terra. Tutti sappiamo che non sempre la connessione è ideale e, quando ci troviamo in aree isolate, in montagna, nel mezzo del mare l’assenza di segnale può fare nascere la sensazione di essere isolati. Sensazione normale fino a pochi anni fa, quando capitava spesso che in viaggio o nella casa in campagna il cellulare non prendesse, oppure avesse costi proibitivi, ma oggi decisamente più rara, tanto da essere accompagnata da un senso di inquietudine. Come potrei chiedere aiuto se mi succedesse qualcosa?
SpaceX’s first launch of 2024 deployed our first set of Starlink sats with the Direct to Cell capability to help end cell-phone dead zones. Today, the Direct to Cell constellation is nearly 10x the size of all other operators pursuing a similar capability combined pic.twitter.com/dfwsxvMBDx
— Starlink (@Starlink) December 31, 2024
La tecnologia, sempre attenta ai nostri bisogni, oggi ci offre diverse soluzioni anti-isolamento. Se vogliamo restare connessi anche quando ci prendiamo una pausa e andiamo in campeggio in qualche luogo remoto, Starlink offre un terminale da passeggio che sta in uno zaino e permette di avere accesso al segnale internet satellitare fornito dagli oltre seimila satelliti che operano nell’orbita bassa. Se invece si preferisce viaggiare leggeri, a partire da quest’anno verrà offerta la possibilità di utilizzare il servizio Direct To Cell, che permette di connettersi al satellite Starlink direttamente da cellulare per inviare brevi messaggi. È un servizio pensato più che altro per situazione d’emergenza. Ma presto crollerà anche l’ultimo baluardo dell’isolamento dal momento che sarà disponibile la connessione a banda larga via satellite. L’hanno provata pochi giorni fa ed è frutto della collaborazione tra la compagnia satellitare Ast SpaceMobile e Vodafone. Il servizio funziona con un normale cellulare 4G o 5G che, per chiamare da un’area non coperta, si connette a un satellite Bluebird di Ast SpaceMobile che poi rimbalza la chiamata a un’antenna che agisce da gateway per entrare nelle rete terrestre Vodafone. In questo modo è stata realizzata la prima videochiamata da una zona del Galles priva di segnale.
Connettere chiunque dovunque avrà senza dubbio successo ed è questo che mi preoccupa. I satelliti Bluebird sono coperti da antenne ad allineamento di fase distribuite su una superficie di circa 60 metri quadri. Sono l’equivalente di un monolocale in orbita che riflette la luce del Sole e di notte è più luminoso delle stelle visibili a occhio nudo. Adesso i satelliti Bluebird sono cinque ma non sono sufficienti per fornire un servizio continuo. Ce ne vorranno almeno 50-60 e la società sta costruendo satelliti ancora più grandi e potenti, capaci di disturbare seriamente sia le osservazioni ottiche sia quelle radio. Mentre il problema in ottico è legato alla riflessione del Sole, in radio la situazione è anche peggio, perché i satelliti usano le onde radio per comunicare con la Terra e il loro segnale è molto più potente di quelli cosmici.
— AST SpaceMobile (@AST_SpaceMobile) January 31, 2025
Queste prospettive non possono fare altro che aumentare la preoccupazione di tutti coloro che vorrebbero preservare un cielo buio e silenzioso, o perlomeno trovare un ragionevole compromesso per permettere le osservazioni con i telescopi ottici e radio. La proliferazione del numero dei satelliti che orbitano intorno alla terra a circa 500 km di altezza è legata alla crescita tumultuosa della space economy, che fornisce servizi utilissimi a migliorare la vita di tutti noi, ma offre un chiaro esempio della tensione tra l’innovazione e le sue conseguenze. Ci vorrebbe una politica spaziale e un sistema di governance adattabile all’evoluzione delle attività spaziali e ai loro impatti imprevisti. Ne ho parlato nel mio ultimo libro Ecologia spaziale (Hoepli), dove esamino gli impatti globali della nostra fiorente attività spaziale. Non si tratta di essere pro o contro la crescita della space economy: mancano leggi internazionali per regolare un settore strategico che vede la presenza preponderante di pochissimi privati che monopolizzano lo spazio orbitale. Il problema si riproporrà sulla Luna dove si moltiplicano le missioni per preparare lo sfruttamento commerciale di risorse che sono un patrimonio di tutti, ma non appartengono a nessuno.