La misteriosissima energia oscura non è solo oscura ma cambia pure nel corso del tempo. Detto altrimenti, la costante cosmologica – altra espressione che gli astronomi usano per riferirsi all’agente sconosciuto responsabile dell’espansione accelerata dell’universo, l’ineffabile lambda del modello cosmologico standard – non è costante. Il sospetto aleggia da un po’: già nel 2017, per esempio, lo avanzava proprio su queste pagine l’astrofisico Marco Raveri, anticipandoci che stava entrando in funzione un telescopio dedicato proprio a indagare questo problema.
Quel telescopio è Desi, il Dark Energy Spectroscopic Instrument, e ha mantenuto la promessa: proprio oggi è uscita una corposa collezione di articoli scientifici che riporta i risultati ottenuti dal team di Desi analizzando i dati dei primi tre anni di osservazioni, fra i quali le migliori misure a oggi disponibili di circa 15 milioni di galassie e quasar. E le conclusioni, ottenute combinando misure relative alle supernove e misure relative alle cosiddette oscillazioni acustiche dei barioni (Bao, dall’inglese baryon acoustic oscillations), confermano in modo indipendente le anomalie già riscontrate nei dati dell’anno scorso: l’energia oscura sembra evolvere, il suo impatto – si legge nel comunicato stampa del NoirLab – sembra farsi più debole man mano che passa il tempo.
Desi ha prodotto la più grande mappa 3D dell’universo e la usa per studiare l’energia oscura. In questa animazione, la Terra è al centro e ogni punto è una galassia. (Crediti: collaborazione Desi, Koon/NoirLab/Nsg/Aura/R. Proctor
Supernove e Bao, dicevamo. Entrambe usate come “righelli” – cosmic rulers, le definiscono gli astronomi – per misurare le distanze su scale cosmiche, passaggio necessario per stimare l’impatto dell’energia oscura sull’espansione dell’universo e la sua eventuale variazione nel tempo. Le Bao, in particolare, sono onde acustiche che hanno avuto origine nell’universo primordiale, oscillazioni nella materia con picchi separati fra loro da centinaia di milioni di anni luce. Misurando le distanze che separano questi picchi in diverse epoche della storia cosmica, è possibile stimare quanto l’energia oscura le abbia allungate o accorciate nel tempo. E i dati suggeriscono, appunto, che quest’azione non sia costante nel corso degli oltre quattordici miliardi di anni che ci separano dal Big Bang.
Un risultato che se confermato avrebbe ricadute non indifferenti. Se l’universo fosse una società per azioni, l’energia oscura – con la sua quota del 70 per cento – ne deterrebbe ampiamente la maggioranza assoluta. Insomma, se si scopre che è un po’ ballerina, a ballare con lei è tutto il modello cosmologico – il Lambda-Cdm, appunto –, tanto che gli scienziati parlano di “una nuova fisica”.
Ma siamo ancora ben lontani dall’esserne certi, sottolineano i cosmologi della collaborazione Desi. Una cautela ben riassunta in un numero, il cosiddetto sigma, che cerca di quantificarne l’incertezza. Per i fisici, per esempio, “al di là di ogni ragionevole dubbio” si traduce di solito in “almeno cinque sigma”. Le conclusioni presentate oggi da Desi, quanto a certezza, stanno ancora fra 2.8 e 4.2: troppo poco, dunque, per parlare di scoperta. Per farlo occorrerà attendere dati indipendenti, dati da altri esperimenti. Per esempio dati come quelli che sta raccogliendo il telescopio spaziale dell’Esa Euclid, che proprio ieri ha presentato al mondo un assaggio della sua prima release.
«Bisogna attendere ancora qualche anno, ma sicuramente quello che porterà Euclid, anche per quanto riguarda alla misura dell’energia oscura, sarà un contributo importante. Importante soprattutto per le misure di lensing», spiega a Media Inaf Davide Bianchi, astrofisico alla Statale di Milano (nonché associato Inaf) che lavora a entrambi gli esperimenti e coautore degli articoli pubblicati oggi dal team di Desi. «Metà di Euclid – mi riferisco allo strumento Nisp, lo spettrografo per il vicino infrarosso – fa più meno quello che fa Desi, ma lo fa osservando galassie un po’ diverse, in un’epoca della storia dell’universo in buona parte complementare a quella osservata da Desi, e già questo fa sì che le informazioni che fornisce siano molto preziose. Ma forse ancor più preziosi, in questo contesto, sono i dati che sta acquisendo l’altra metà di Euclid, lo strumento Vis, proprio perché in questo caso è diverso anche il tipo di osservazione, non solo gli oggetti osservati. Mi riferisco, appunto, alle misure di lensing, che in Desi mancano, anche se ha comunque potuto avvalersi dei risultati di altre survey, principalmente quelli di Des».
Nell’attesa di conferme, i risultati presentati oggi da Desi rappresentano già «un terreno fertile per i nostri colleghi teorici che esaminano modelli nuovi e già esistenti, e siamo entusiasti di vedere cosa ne verrà fuori», dice Michael Levi, del Berkeley Lab, direttore di Desi. «Qualunque sia la natura dell’energia oscura, essa condizionerà il futuro dell’universo. È davvero straordinario poter guardare il cielo con i nostri telescopi e cercare di rispondere a una fra le più grandi domande che l’umanità si sia mai posta».