I buchi neri supermassicci al centro delle galassie sono tra gli oggetti più estremi dell’universo. Ciò e particolarmente vero durante la loro fase attiva, quando il consumo di materia è tale da renderli tra i più potenti emettitori di radiazione elettromagnetica dell’universo. Gli scienziati ritengono che queste potenti emissioni di luce, che spaziano dalle onde radio ai raggi gamma, passando attraverso l’infrarosso, rappresentino un ostacolo per la vita. Un nuovo studio condotto da un team di ricercatori guidati dal Dartmouth College, negli Usa, suggerisce ora il contrario, quanto meno per ciò che riguarda la radiazione ultravioletta. I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista The Astrophysical Journal, indicano che, in determinate condizioni, questa luce potrebbe addirittura favorire lo sviluppo della vita, promuovendo la formazione di ambienti più ospitali.
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Gli autori dello studio hanno valutato l’influenza della radiazione ultravioletta prodotta da un buco nero supermassiccio attivo sull’atmosfera dei pianeti, che a sua volta influenza l’abitabilità planetaria. Per farlo, hanno utilizzato un sofisticato codice numerico, modellando l’atmosfera della Terra e di pianeti simili. Per quanto riguarda la Terra, in particolare, modificando i rapporti di miscelazione dell’ossigeno, i ricercatori hanno simulato l’atmosfera terrestre riproducendo tre diversi scenari: lo scenario odierno, quello presente nell’Archeano – un’era caratterizzata da bassi livelli di ossigeno – e quello del Proterozoico – un periodo in cui il grande evento ossidativo ha portato all’accumulo di alti livelli di ossigeno. Per mettere in relazione le popolazioni planetarie simulate con quelle di galassie reali, i ricercatori hanno preso in considerazione diversi tipi di galassie: le ellittiche e quelle a spirale, rappresentate rispettivamente da M87 e dalla nostra Via Lattea, oltre a un particolare tipo di galassie rare e ricche di stelle, note come “red nugget relic”, galassie rare e ricche di stelle, nelle quali l’impatto della radiazione dei nuclei galattici attivi (Agn) potrebbe essere particolarmente pronunciata.
In linea con studi precedenti che hanno esaminano gli effetti della radiazione solare sull’abitabilità terrestre, la ricerca ha evidenziato che i benefici della radiazione Uv emessa da un buco nero supermassiccio dipendono essenzialmente da due fattori: la distanza del pianeta alla fonte di radiazione e la composizione atmosferica, con un ruolo chiave giocato dalla presenza o meno di ossigeno. In particolare, in assenza di ossigeno, la radiazione di un Agn impediva lo sviluppo della vita. Le cose cambiavano se l’atmosfera planetaria possedeva già tracce di ossigeno: in questi casi, la radiazione Uv aumentava la protezione contro le radiazioni, favorendo lo sviluppo di un più spesso strato di ozono, lo scudo naturale che ci protegge dalle radiazioni dannose. Inoltre, maggiore era la concentrazione di ossigeno, più efficace risultava la protezione.
«La radiazione diventa meno devastante e persino vantaggiosa una volta che l’atmosfera è ossigenata», spiega Kendall Sippy, ricercatrice all’Università di Dartmouth e prima autrice dello studio. «Superato questo scoglio, il pianeta diventa più resistente alla radiazione Uv e meglio protetto da possibili eventi di estinzione».
Le reazioni chimiche dietro questo processo potrebbero essere simili a quelle avvenute sulla Terra circa due miliardi di anni fa, quando i primi microbi iniziarono a produrre ossigeno, favorendo lo sviluppo dello strato di ozono che ha reso il nostro pianeta abitabile. Il meccanismo alla base di questo fenomeno è il seguente: l’interazione della luce Uv con l’ossigeno scinde le molecole in singoli atomi, che si ricombinano a formare l’ozono. Con il progressivo accumulo della molecola triatomica negli strati superiori dell’atmosfera, la quantità di radiazioni provenienti dallo spazio che raggiunge la superficie si riduce, proteggendo così il pianeta.
Gli effetti visti finora diventano però molto diversi quando il flusso di radiazione ricevuto è più elevato, ovvero per i mondi più vicini al centro galattico. La Terra non è abbastanza vicina al buco nero al centro della nostra galassia, Sagittarius A*, da subirne conseguenze, nemmeno quando questo si trova nella sua “modalità Agn”. Tuttavia, i ricercatori hanno voluto esplorare cosa accadrebbe se la Terra fosse molto più vicina a un ipotetico Agn, esposta a livelli di radiazione miliardi di volte superiori a quelli attuali. Le simulazioni hanno mostrato che, se l’atmosfera terrestre fosse priva di ossigeno, come nell’Archeano, le radiazioni impedirebbero lo sviluppo della vita. Tuttavia, con l’aumento della concentrazione di ossigeno ai livelli attuali, lo strato di ozono si forma rapidamente, proteggendo la superficie dalle radiazioni nocive.
«Con i livelli di ossigeno attuali, lo strato di ozono si formerebbe in pochi giorni», dice Jake Eager-Nash, ricercatore all’Università di Victoria, in Canada, e coautore dello studio. «Questo significa che la vita potrebbe resistere. La rapidità con la quale i livelli di ozono hanno risposto alle radiazioni ci ha sorpreso».
Ma cosa succede in altri tipi di galassie, si sono chiesti gli scienziati? In un ambiente come quello di Ngc 1277, una galassia compatta con stelle concentrate attorno al buco nero centrale, la radiazione è risultata letale. Nelle galassie più grandi e meno dense come M87, dove i pianeti tendono a essere più distanti dal buco nero centrale, il rischio di danni da radiazioni Uv era invece ridotto.
Alla luce di questi risultati, gli scienziati ipotizzano che attorno al centro galattico possa esistere una sorta di “zona Goldilocks”: una fascia di abitabilità in cui la radiazione degli Agn ha un impatto neutro o positivo sulla vita, favorendo la produzione di ozono e migliorando la protezione in superficie. Al di fuori di questa zona, invece, gli effetti delle radiazioni sono prevalentemente dannosi.
Il nostro studio evidenzia un fenomeno noto come “collo di bottiglia”, concludono i ricercatori. Nelle prime fasi della sua evoluzione, la vita era probabilmente estremamente vulnerabile agli eventi di estinzione. Se un pianeta fosse stato colpito dalla radiazione di un Agn in questa fase critica, la sua evoluzione sarebbe stata completamente interrotta, impedendo a questo mondo di diventare abitabile in futuro. Tuttavia, dopo aver superato questa fase, la vita potrebbe essere diventata molto più resistente a simili eventi di estinzione.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “Impacts of UV Radiation from an AGN on Planetary Atmospheres and Consequences for Galactic Habitability” di Kendall I. Sippy, Jake K. Eager-Nash, Ryan C. Hickox, Nathan J. Mayne, e McKinley C. Brumback