Quando pensiamo ai dischi protoplanetari, immaginiamo grandi anelli di gas e polvere che ruotano intorno a giovani stelle e che plasmano pianeti e sistemi planetari. Una nuova ricerca rivela però che molti di questi dischi potrebbero essere in realtà più piccoli di quanto finora ipotizzato, costringendo gli astronomi a rivedere la nostra comprensione della formazione e dell’evoluzione degli esopianeti.
Lo studio, accettato per la pubblicazione su Astronomy & Astrophyiscs, è guidato da Osmar Manuel Guerra-Alvarado, ricercatore presso la Leiden University, nei Paesi Bassi. Per la loro ricerca, gli scienziati hanno utilizzato le osservazioni di Alma, raccolte nel 2023 e nel 2024, con la massima risoluzione possibile: 0,030 secondi d’arco. Inoltre, per la prima volta sono stati analizzati dati di archivio al fine di realizzare un’indagine completa ad alta risoluzione di un’intera regione di formazione stellare. Il censimento di 73 dischi protoplanetari, osservati nella costellazione del Lupo a circa 400 anni di luce di distanza dalla Terra, ha rivelato che molte giovani stelle ospitano dischi di gas e polvere modesti, alcuni talmente piccoli da misurare solo 0,6 unità astronomiche (Ua).
Immagini dei 73 dischi protoplanetari (due delle immagini contengono stelle binarie) nella regione della costellazione del Lupo. Solo una parte dei dischi si estende oltre l’orbita di Nettuno, rispetto al nostro Sistema solare. La maggior parte dei dischi osservati sono piccoli e non mostrano strutture come fessure e anelli che possano ospitare potenziali esopianeti. Crediti: Guerra-Alvarado et al., Leiden University
Nell’ultimo decennio, utilizzando potenti radiotelescopi terrestri come Alma, sono stati individuati centinaia di dischi protoplanetari intorno a giovani stelle. Questi dischi, rispetto al Sistema solare, si estendono ben oltre l’orbita di Nettuno, il nostro pianeta più lontano. Inoltre, la maggior parte presenta delle aree vuote, che si pensa siano i luoghi in cui si stanno formando pianeti giganti, caldi e gassosi come gli hot Jupiter.
Adesso, questo nuovo studio suggerisce che tali dischi potrebbero non essere affatto comuni. Il censimento dei 73 dischi protoplanetari osservati dal team rivela che ben due terzi di essi hanno un raggio medio di 6 Ua, mentre altri arrivano a 1,2 Ua. Il disco più piccolo trovato è di sole 0,6 Ua, più piccolo dell’orbita della Terra. «Questi risultati cambiano completamente il modo di immaginare come appare un tipico disco protoplanetario», spiega Guerra-Alvarado. «Solo i dischi più luminosi, che sono i più facili da osservare, mostrano lacune su larga scala [le aree in cui si potrebbero trovare i pianeti gassosi, ndr], mentre i dischi compatti senza tali sottostrutture sono in realtà molto più comuni». Le precedenti osservazioni ad alta risoluzione di Alma, infatti, si sono concentrate principalmente su dischi protoplanetari molto luminosi e spesso molto più grandi. Per i dischi più piccoli è stata misurata solo la luminosità e non la dimensione.
I dischi protoplanetari più piccoli sono stati osservati principalmente attorno a stelle di piccola massa, che costituiscono la maggior parte delle stelle nell’universo. Queste stelle, con una massa tra il 10 e il 50 per cento di quella del Sole, sembrano creare le condizioni ideali per la formazione delle super-Terre, come spiega la co-autrice Mariana Belén Sánchez (Leiden University): «Le osservazioni mostrano che questi dischi compatti potrebbero avere condizioni ottimali per la formazione delle cosiddette super-Terre, poiché la maggior parte della polvere si trova vicino alla stella, dove di solito le super-Terre vengono individuate». Ritenute tra i tipi di pianeti più comuni nell’universo, le super-Terre sono pianeti rocciosi simili alla Terra ma con masse fino a dieci volte maggiori di quella del nostro pianeta. Secondo gli autori dello studio, i loro risultati potrebbero spiegare perché le super-Terre siano spesso trovate intorno a stelle di piccola massa, suggerendo che il nostro Sistema solare si sia formato da un ampio disco protoplanetario, che ha dato origine ai giganti gassosi come Giove e Saturno e non a una super-Terra.
«La scoperta che la maggior parte dei piccoli dischi non mostra delle zone libere, implica che la maggior parte delle stelle non ospita dei pianeti giganti», spiega la co-autrice Nienke van der Marel (Leiden University). «La ricerca rivela che per molto tempo abbiamo frainteso l’aspetto di un tipico disco protoplanetario. È chiaro che abbiamo puntato sui dischi più grandi e luminosi. Ora abbiamo finalmente una panoramica completa dei dischi di tutte le dimensioni».
Per saperne di più:
- Leggi il preprint dell’articolo in uscita su Astronomy & Astrophyiscs “A high-resolution survey of protoplanetary disks in Lupus and the nature of compact disks“, di Osmar M. Guerra-Alvarado, Nienke van der Marel, Jonathan P. Williams, Paola Pinilla, Gijs D. Mulders, Michiel Lambrechts e Mariana Sanchez