È LA PIÙ DISTANTE GALASSIA MASSICCIA QUIESCENTE TROVATA FINORA

Rossa e morta, questa galassia s’è subito spenta

Il telescopio spaziale James Webb ha scoperto una galassia eccezionale che sfida i modelli teorici sull’evoluzione cosmica. Piccolina, di appena 650 anni luce di diametro, aveva già oltre dieci miliardi di masse solari nei primi 600 milioni di anni dopo il Big Bang. Poi, in quell’epoca, ha smesso di formare stelle, quando le altre erano ancora in rapida crescita. Tutti i dettagli su ApJ

     04/04/2025

Per lungo tempo, gli scienziati hanno ritenuto che nell’universo primordiale esistessero solo galassie con un’intensa formazione stellare. Tuttavia, il telescopio spaziale James Webb (Jwst) ha smentito questa convinzione. Un team internazionale di astronomi, guidato dall’Università di Ginevra (Unige), ha recentemente scoperto una galassia eccezionale che sfida i modelli teorici sull’evoluzione cosmica. Analizzando centinaia di spettri raccolti da Webb, i ricercatori hanno individuato una galassia che aveva già smesso di formare stelle in un’epoca in cui la maggior parte delle galassie era ancora in rapida crescita. Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal.

Tre spettri ripresi da NirSpec sovrapposti a un’immagine ripresa dal NirCam, due strumenti a bordo del James Webb Space Telescope. La galassia record è mostrata al centro. Nell’immagine appare in rosso e il suo spettro diminuisce verso sinistra, a lunghezze d’onda corte. Per confronto, gli spettri in alto e in basso, in blu e viola, mostrano galassie tipiche in formazione stellare in un momento simile della storia cosmica. Crediti: Nasa/Csa/Esa, A. Weibel, P. A. Oesch (Università di Ginevra), team Rubies: A. de Graaff (Mpia Heidelberg), G. Brammer (Istituto Niels Bohr), Archivio Dawn Jwst

Nell’universo primordiale, una galassia tipica accresce gas dal mezzo intergalattico circostante e lo trasforma in stelle. Questo processo ne aumenta la massa, portando a un’accrezione di gas ancora più efficiente e accelerando la formazione stellare. Tuttavia, le galassie non crescono all’infinito: a un certo punto, subiscono un fenomeno noto come quenching, che ne arresta la crescita. Le cause del quenching possono essere molteplici: l’esaurimento del gas disponibile per la formazione stellare, il feedback di buchi neri supermassicci, venti stellari e supernove, interazioni con altre galassie e stripping del gas a causa dell’interazione con il mezzo intergalattico denso.

Nell’universo locale, circa la metà delle galassie osservate ha ormai smesso di formare stelle, spegnendosi e cessando di crescere. Gli astronomi le definiscono galassie quiescenti, spente o “rosse e morte”. Queste galassie appaiono rosse perché non ospitano più stelle blu giovani e luminose, ma solo stelle più vecchie, piccole e tendenti al rosso, appunto.

Una percentuale particolarmente elevata di galassie quiescenti si trova tra le più massicce, che spesso presentano una morfologia ellittica. La loro formazione richiede solitamente tempi lunghi, poiché devono accumulare un numero significativo di stelle prima che la formazione stellare si arresti del tutto. Tuttavia, il meccanismo esatto che provoca il quenching nelle galassie resta ancora un mistero irrisolto. «Trovare i primi esempi di galassie massicce quiescenti (Mqg, dall’inglese massive quiescent galaxies) nell’universo primordiale è fondamentale perché getta luce sui loro possibili meccanismi di formazione», dice Pascal Oesch, professore associato presso il Dipartimento di astronomia della Facoltà di scienze di Unige e coautore dell’articolo. La caccia a questi sistemi è da anni uno dei principali obiettivi degli astronomi.

Grazie ai progressi tecnologici, in particolare alla spettroscopia nel vicino infrarosso, è stata confermata la presenza di galassie massicce quiescenti in epoche cosmiche sempre più remote. La loro abbondanza è stata difficile da conciliare con i modelli teorici di formazione delle galassie, che prevedono che tali sistemi richiedano più tempo per formarsi. Con Jwst, questa tensione è stata spinta fino a un redshift di 5 (1,2 miliardi di anni dopo il Big Bang), dove negli ultimi anni sono stati confermati diversi Mqg. Il nuovo studio rivela che queste galassie si sono formate ancora prima e più rapidamente di quanto si pensasse.

Il programma Rubies – acronimo di Red Unknowns: Bright Infrared Extragalactic Survey, uno dei più grandi programmi di ricerca extragalattica a guida europea che utilizza lo strumento NirSpec di Jwst – ha ottenuto osservazioni spettroscopiche di diverse migliaia di galassie, tra cui centinaia di sorgenti appena scoperte dai primi dati di imaging di Jwst. Tra questi nuovi spettri, gli scienziati hanno identificato la più distante galassia massiccia quiescente trovata finora, con un redshift spettroscopico di 7,29 – appena circa 700 milioni di anni dopo il Big Bang. Lo spettro rivela una popolazione stellare sorprendentemente vecchia in un universo così giovane. Una modellizzazione dettagliata dello spettro e dei dati di imaging mostra che la galassia ha formato una massa stellare di oltre dieci miliardi di masse solari nei primi 600 milioni di anni dopo il Big Bang, prima di cessare rapidamente la formazione stellare, confermando così la sua natura quiescente.

Andrea Weibel, studente PhD al Dipartimento di Astronomia, Facoltà di Scienze, Unige. Crediti: Weibel, Andrea

«La scoperta di questa galassia, denominata Rubies-Uds-Qg-z7, implica che le galassie massicce quiescenti nei primi miliardi di anni dell’universo sono oltre cento volte più abbondanti di quanto previsto da qualsiasi modello fino a oggi», dice Andrea Weibel, dottorando presso il Dipartimento di astronomia della Facoltà di scienze di Unige e primo autore dell’articolo.

Questo, a sua volta, suggerisce che alcuni fattori chiave nei modelli teorici – come gli effetti dei venti stellari e la potenza dei flussi in uscita alimentati dalla formazione stellare e dai buchi neri massicci – potrebbero necessitare di una revisione: le galassie si sono spente molto prima di quanto questi modelli sono in grado di prevedere.

Infine, le dimensioni straordinariamente ridotte di questa galassia – appena 650 anni luce – indicano un’alta densità di massa stellare, paragonabile alle più elevate densità centrali osservate nelle galassie quiescenti a redshift leggermente inferiori (z ~2-5). È probabile che queste galassie si evolvano nei nuclei delle ellittiche più antiche e massicce dell’universo locale.

«La scoperta di Rubies-Uds-Qg-z7 fornisce la prima forte evidenza che i centri di alcune galassie ellittiche massicce vicine potrebbero essere già presenti fin dalle prime centinaia di milioni di anni dell’universo», conclude Anna de Graaff, principal investigator del programma Rubies, del Max Planck Institute for Astronomy di Heidelberg e seconda autrice dello studio.

Per saperne di più:

  • Leggi su Astrophysical Journal l’articolo RUBIES Reveals a Massive Quiescent Galaxy at z = 7.3” di Andrea Weibel, Anna de Graaff, David J. Setton, Tim B. Miller, Pascal A. Oesch, Gabriel Brammer, Claudia D. P. Lagos, Katherine E. Whitaker, Christina C. Williams, Josephine F.W. Baggen, Rachel Bezanson, Leindert A. Boogaard, Nikko J. Cleri, Jenny E. Greene, Michaela Hirschmann, Raphael E. Hviding, Adarsh Kuruvanthodi, Ivo Labbé, Joel Leja, Michael V. Maseda, Jorryt Matthee, Ian McConachie, Rohan P. Naidu, Guido Roberts-Borsani, Daniel Schaerer, Katherine A. Suess, Francesco Valentino, Pieter van Dokkum e Bingjie Wang