
Immagine composita che mostra una vista a infrarossi di Titano acquisita dalla sonda spaziale Cassini della Nasa durante il sorvolo della luna il 13 novembre 2015. Crediti: Nasa
Titano – la più grande delle 274 lune di Saturno – ha da sempre affascinato gli scienziati. La scoperta al suo interno di un oceano d’acqua salata come il Mar Morto ha spinto gli scienziati a ipotizzare che il corpo possa sostenere la presenza di forme di vita. Un team internazionale di ricercatori guidati dall’Università dell’Arizona, negli Usa, ha ora tentato di verificare questa ipotesi.
Attraverso l’analisi dei fattori fisico-chimici che influenzano l’abitabilità del suo oceano, l’esame delle vie metaboliche potenzialmente in grado di sostenere la crescita e la riproduzione di sistemi biologici, e l’uso della modellazione bioenergetica, i ricercatori hanno elaborato uno scenario realistico che ipotizza come potrebbe essere la vita sulla luna e in quali quantità, in termini di biomassa, potrebbe essere presente.
I risultati della ricerca, pubblicati questa settimana su The Planetary Science Journal, indicano che l’oceano di Titano presenta condizioni favorevoli al mantenimento di popolazioni microbiche. In particolare, le simulazioni suggeriscono che la fermentazione — uno dei più semplici processi metabolici conosciuti — potrebbe fornire sia l’energia che il carbonio necessari alla crescita di microorganismi. I modelli, inoltre, indicano che a sostenere questa crescita potrebbe essere la fermentazione della glicina, il più semplice tra tutti gli amminoacidi conosciuti.
La glicina in questione è presente sulla superficie della luna, dove è giunta in seguito a eventi di impatto. Studi precedenti hanno dimostrato che gli oggetti celesti che colpiscono la superficie di Titano possono generare “pozze di fusione” di acqua liquida. Tramite interazioni acqua-ghiaccio, le molecola potrebbe essere trasportata nel sottosuolo fino a raggiungere l’oceano sotterraneo, dove potrebbe essere quindi utilizzata come fonte di energia.
«Sappiamo che la glicina era relativamente abbondante nei materiali primordiali del Sistema solare», spiega Antonin Affholder, ricercatore all’Università dell’Arizona e primo autore dello studio. «Quando osserviamo gli asteroidi, le comete e le nubi di polveri e gas da cui si formano stelle e pianeti, troviamo glicina o i suoi precursori praticamente ovunque».
L’immagine in basso illustra uno schema riassuntivo delle ipotesi avanzate dai ricercatori. Secondo il modello proposto, le condizioni iniziali di abitabilità per l’attecchimento della vita potrebbero essere state determinate dalla dissoluzione di materia organica proveniente dal nucleo. L’eventuale sopravvivenza e crescita della biomassa microbica potrebbe dipendere dall’apporto, in seguito a eventi di impatto, di materiale organico dalla superficie di Titano, reso possibile dalle interazioni tra acqua e ghiaccio.
Schema della struttura interna di Titano che riassume le ipotesi formulate in questo studio dai ricercatori (cliccare per ingrandire). Crediti: Antonin Affholder et al., Psj, 2025
Tuttavia, il rilascio di glicina nell’oceano da parte di queste pozze – stimato in un intervallo che va da 7.5 chilogrammi a 7.5 tonnellate all’anno – appare piuttosto limitato, influenzando la dimensione della potenziale biosfera.
Sulla base delle stime effettuate, la popolazione microbica che potrebbe essere sostenuta in queste condizioni varierebbe da centomila miliardi a cento milioni di miliardi di cellule, equivalenti a meno di una cellula per chilogrammo d’acqua in tutto l’oceano.
«Il nostro studio dimostra che questa riserva di glicina potrebbe essere sufficiente a sostenere soltanto una piccolissima popolazione microbica, con una biomassa complessiva pari a pochi chilogrammi», dice a questo proposito Affholder. «Nel vastissimo oceano di Titano, una biosfera tanto ridotta implicherebbe una densità media inferiore a una cellula per litro d’acqua».
La fermentazione della glicina rappresenta un approccio promettente per indagare la potenziale abitabilità dell’oceano di Titano, concludono i ricercatori. Per valutare con maggiore precisione tale potenziale, sarà essenziale approfondire la conoscenza delle condizioni geochimiche interne della luna e studiare più a fondo la biologia e il metabolismo dei microbi psicrofili e barofili, capaci di vivere in ambienti estremi come quelli presenti su Titano.
Per saperne di più:
- Leggi su The Planetary Science Journal l’articolo “The Viability of Glycine Fermentation in Titan’s Subsurface Ocean” di Antonin Affholder, Peter M. Higgins, Charles S. Cockell, Catherine Neish, Krista M. Soderlund, Michael J. Malaska, Kendra K. Farnsworth, Rosaly M. C. Lopes, Conor A. Nixon, Mohit Melwani Daswani