Le supernove sono tra gli eventi esplosivi più energetici dell’universo. Eppure, nonostante la loro immensa luminosità, convertono solo l’un per cento della loro energia in radiazione elettromagnetica. Il restante 99 per cento viene trasportato da un intenso flusso di neutrini, che può contenere fino a 1058 particelle. Sebbene i neutrini interagiscano molto debolmente con la materia, numerosi processi fondamentali che si verificano nei minuti successivi al collasso del nucleo, e prima che il fronte d’urto emerga dalla superficie stellare, sono proprio guidati da queste elusive particelle.
I pannelli a sinistra mostrano immagini Jwst di Cas A, con evidenziata la rete di filamenti all’interno del resto di supernova (Milisavljevic et al. 2024). Il pannello di destra mostra invece la distribuzione del materiale espulso ricco di ferro e ossigeno non ancora attraversato dall’onda d’urto, ottenuto dalle simulazioni. Nei pannelli di sinistra, il ferro (Fe) è rappresentato da una superficie tridimensionale rossa, che evidenzia le regioni in cui la densità al di sopra di una certa soglia. Gli ejecta ricchi di ossigeno (O) sono invece mostrati nei pannelli di destra attraverso una rappresentazione volumetrica in tonalità di blu, con un’intensità che varia in base alla densità del plasma (indicata dalla scala di colori in basso a destra). Le aree più dense appaiono più opache, facilitando l’individuazione delle strutture principali. Le immagini presentano due diverse prospettive: i pannelli superiori mostrano il resto di supernova come lo vedremmo dalla Terra, mentre quelli inferiori offrono una vista laterale, osservata da un punto di vista posto a ovest (lungo l’asse x positivo). Fonte S. Orlando et al. A&A, 2025
Dato che le supernove nell’universo locale sono eventi rari, il modo più efficace per indagare tali processi è studiare i resti di supernova e cercare di collegarne le proprietà osservate ai meccanismi fisici dell’esplosione. Il resto di supernova Cas A, situato a circa undicimila anni luce dalla Terra e prodotto da una supernova esplosa circa 350 anni fa, rappresenta un laboratorio naturale ideale per questo tipo di studi. Recentemente, Cas A è stato osservato dal James Webb Space Telescope (Jwst), che ha permesso di esplorare la struttura interna del resto di supernova con un dettaglio senza precedenti. I primi risultati di queste osservazioni sono già stati pubblicati su riviste scientifiche e diffusi tramite comunicati stampa.
Tra le strutture più sorprendenti rivelate da Jwst vi è una fitta rete di filamenti ricchi di ossigeno, risolti fino a una scala di 0.03 anni luce. Uno studio teorico, basato su simulazioni magnetoidrodinamiche tridimensionali che seguono l’evoluzione dal collasso del nucleo stellare sino al resto di supernova con età di mille anni, guidato dall’astrofisico Salvatore Orlando dell’Inaf di Palermo, dimostra come questa struttura sia direttamente collegata ai processi avvenuti nella stella progenitrice subito dopo il collasso del nucleo. In particolare, l’energia trasferita dai neutrini prodotti durante il collasso del nucleo provoca la formazione di enormi bolle calde all’interno della stella. L’espansione di queste bolle deforma gli strati di materiale circostante, comprimendoli e assottigliandoli, soprattutto quelli ricchi di ossigeno, neon e magnesio.
Con il progredire dell’esplosione, la rete di filamenti prende forma come conseguenza di instabilità idrodinamiche che si sviluppano durante la propagazione dell’onda d’urto e dell’interazione tra questi strati compressi. Nelle fasi successive, quando l’onda d’urto inizia a propagarsi attraverso il mezzo circumstellare, l’energia rilasciata dal decadimento di elementi come nichel e cobalto in ferro contribuisce ad aumentare ulteriormente la pressione interna al resto di supernova, comprimendo il materiale sovrastante e rendendo i filamenti ancora più sottili e ben definiti.
Salvatore Orlando (Inaf Oa Palermo), primo autore dello studio in uscita su A&A. Crediti: Inaf Oa Palermo
«La nostra analisi rivela che la complessa rete di filamenti osservata in Cas A rappresenta un vero e proprio “reperto archeologico astronomico” (se così si può dire), capace di raccontarci i primissimi istanti dell’esplosione della stella progenitrice», spiega Orlando a Media Inaf. «Unendo le osservazioni ad altissima risoluzione angolare di Jwst a sofisticate simulazioni magnetoidrodinamiche tridimensionali con altissima risoluzione spaziale, siamo riusciti a stabilire un legame diretto tra le strutture filamentose osservate e i processi fondamentali che regolano l’evoluzione delle supernove».
«In particolare, i nostri modelli», continua Orlando, «dimostrano che le esplosioni guidate dai neutrini danno origine, in modo naturale, a reti complesse di filamenti di materiale, generate da processi stocastici subito dopo il collasso del nucleo stellare. Sorprendentemente, le strutture prodotte nelle simulazioni mostrano una forte somiglianza con quelle osservate in Cas A. Questa corrispondenza ci suggerisce che i filamenti sono veri e propri “fossili” dell’esplosione: conservano la memoria dei fenomeni fisici che hanno dominato le fasi iniziali seguenti al collasso del nucleo della stella, offrendo così una finestra unica e preziosa sui meccanismi che governano le supernove da collasso del nucleo».
Il modello teorico prevede anche l’evoluzione futura di queste strutture: i filamenti verranno progressivamente distrutti dall’interazione con le onde d’urto inverse che si propagano verso l’interno del resto di supernova, in un arco di circa 350 anni.
Per saperne di più:
- Leggi il preprint dell’articolo in uscita su Astronomy & Astrophysics “Filamentary Ejecta Network in Cassiopeia~A Reveals Fingerprints of the Supernova Explosion Mechanism”, di S. Orlando, H.-T. Janka, A. Wongwathanarat, D. Dickinson, D. Milisavljevic, M. Miceli, F. Bocchino, T. Temim, I. De Looze e D. Patnaude