COME LE INCRESPATURE PRODOTTE DA UN SASSO LANCIATO IN UNO STAGNO

Nero shocking: onde d’urto da buchi neri stellari

I buchi neri, anche quelli relativamente piccoli, lasciano nello spazio impronte significative, che si estendono ben oltre le regioni immediatamente vicine. Da una ricerca condotta con il radiotelescopio MeerKat emerge infatti che i buchi neri di massa stellare emettono potenti getti d’energia che generano, a loro volta, enormi onde d’urto, arrivando così a scolpire lo spazio circostante e a influenzare i dintorni galattici

     28/04/2025

L’impatto di un buco nero si estende ben oltre i suoi dintorni immediati: è quanto emerge da una nuova ricerca, un risultato che rimette in discussione la nostra comprensione degli effetti sullo spazio di questi oggetti enigmatici. I buchi neri comprimono la materia in un punto infinitamente denso e deformano il tessuto stesso dello spazio-tempo, ma i loro effetti potrebbero spingersi molto più lontano di quanto immaginato finora. Un team di astronome e astronomi ha infatti raccolto prove inedite di come anche i buchi neri più piccoli – non solo quelli supermassicci, dunque, bensì anche i buchi neri di massa stellare, molto comuni nella nostra e in altre galassie – possano modellare le galassie: prove che consistono nell’osservazione di potenti onde d’urto generate da getti oscuri e altamente energetici. Getti che, una volta emessi, possono viaggiare nello spazio per decine di anni luce. Il team è riuscito, grazie ai dati raccolti con il radiotelescopio MeerKat, a tracciare enormi strutture, dette onde d’urto ad arco (bow shock, in inglese), prodotte dai getti di due buchi neri: GRS 1915+105 e Cygnus X-1. Un risultato che consente di comprendere meglio gli effetti a lungo termine dell’attività di questi sistemi sullo spazio circostante.

Rappresentazione artistica dell’emissione d’un getto da un buco nero di massa stellare e della relativa onda d’urto. Crediti: Danielle Futserlaar/Sron

«Queste scoperte mostrano che i buchi neri stellari possono scolpire in modo attivo l’ambiente che li circonda, lasciando dietro di sé onde d’urto colossali», dice la prima autrice di uno dei due articoli che riportano oggi i risultati su Astronomy & Astrophysics, Sara Elisa Motta, astronoma dell’Istituto nazionale di astrofisica, «onde d’urto che raccontano una storia lunga migliaia di anni».

Cygnus X-1, il primo buco nero di massa stellare mai scoperto, è noto per emettere potenti getti di particelle ad alta energia che formano una gigantesca struttura bow shock: un’onda d’urto prodotta dai getti a una distanza pari a quasi tre volte l’estensione del sistema binario formato dal buco nero stesso e da una stella compagna. La novità è che MeerKat ha ora registrato, per la prima volta, queste strutture a due diverse frequenze radio, consentendo agli scienziati di mapparle con un dettaglio senza precedenti. Ciò ha consentito di rivelare particolari mai osservati prima nell’onda d’urto, suggerendo l’esistenza di più periodi di attività dei getti, periodi che si sono susseguiti negli ultimi millenni e durante i quali i getti hanno interagito con l’ambiente in regioni diverse dello spazio.

«È una prova inconfutabile del fatto che i buchi neri influenzano lo spazio che li circonda», sottolinea la prima autrice dell’altro articolo pubblicato oggi su Astronomy & Astrophysics, Pikki Atri, astronoma dell’istituto di radioastronomia olandese Astron e della Radboud University. «È come uno scavo archeologico cosmico: ogni strato delle onde d’urto racconta la storia delle emissioni dei getti avvenute in passato».

Altrettanto rivoluzionaria è la scoperta di un’onda d’urto – anch’essa una struttura di tipo bow shock – prodotta dai getti nei dintorni del buco nero GRS 1915+105. La struttura, che si estende per trenta anni luce, è la prova dell’azione di un getto non direttamente osservabile perché non luminoso, ma molto potente, un getto che è stato capace di scavare un’enorme cavità nello spazio. La scoperta conferma che i getti del sistema, anch’esso binario, GRS 1915+105 sono in grado di influenzare significativamente l’ambiente circostante, colmando così il divario tra le teorie dei primi anni Duemila – che già ipotizzavano l’esistenza del bow shock – e la sua effettiva rilevazione, avvenuta solo oggi, quasi vent’anni dopo.

«Avendo visto qualcosa di simile intorno a Cygnus X-1», ricorda Motta, «abbiamo sempre pensato che dovesse esistere un’onda d’urto anche intorno a GRS 1915+105. Tuttavia, non riuscivamo a rilevarla, e ciò è stato fonte di una notevole confusione: fino a quando MeerKat non ha scoperto il bow shock attorno a GRS 1915+105, c’era il sospetto che queste strutture potessero formarsi soltanto attorno ad alcuni sistemi di buchi neri ed a condizioni che non avevamo ben compreso».

È noto da tempo che i buchi neri supermassicci al centro delle galassie causano cambiamenti su larga scala. Questi due nuovi risultati dimostrano che anche i buchi neri di massa stellare, milioni di volte meno massicci, possono rimodellare profondamente l’ambiente che li circonda. Nonostante la loro massa relativamente contenuta, lasciano dietro di sé strutture imponenti a sufficienza da essere rilevate – un impatto, sottolineano le due scienziate, che finora era stato sottovalutato.

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