La costellazione dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) Hermes Pathfinder (High Energy Rapid Modular Ensemble of Satellites), è stata lanciata in orbita con successo a bordo dalla missione Transporter 13 di SpaceX, il cui lancio è avvenuto questa mattina alle 7:43 ora italiana dalla Vandenberg Space Force Base in California, Usa. I sei cubesat della costellazione sono stati integrati su una piattaforma di rilascio Ion realizzata dalla società D-Orbit, posizionata su un vettore Falcon 9. Collocati su un’orbita eliosincrona a un’altitudine di circa 500-520 km, con un’inclinazione di 97,44 gradi, i sei nanosatelliti verranno dispiegati dopo circa una settimana dal lancio con il rilascio di uno al giorno.
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— SpaceX (@SpaceX) March 15, 2025
Finanziati principalmente dall’Asi e con il contributo tecnico/scientifico dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), del Politecnico di Milano e dell’Università di Cagliari, i sei cubesat hanno l’obiettivo di rappresentare una svolta nel campo dell’astrofisica multi-messaggero ad alta energia e dell’impiego di nanosatelliti per missioni spaziali sfidanti. La costellazione, formata da sei cubesat 3U, opererà in triplette e sarà in grado di rilevare e localizzare eventi astronomici casuali come i lampi di raggi gamma, inviando in tempi brevissimi un avviso alla comunità scientifica.
«Il lancio di oggi segna ancora un successo della comunità spaziale italiana», sottolinea il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Teodoro Valente. «Dall’inizio dell’anno abbiamo registrato molti risultati nel settore a livello internazionale. Sono particolarmente orgoglioso del ruolo guida dell’Asi in questa missione sfidante per l’attenzione e il forte supporto agli sviluppi ed agli esperimenti scientifici. Grazie alla competenza della nostra accademia, ricerca e industria, oggi Hermes compie il suo passo fondamentale verso il dispiegamento di piccoli, ma preziosi satelliti Cubesat. Lo scopo è quello di testare il concetto di “sensore distribuito” nello spazio per validare in orbita il principio di una misura tramite una piattaforma modulare, di piccola taglia e incrementabile, quale strumento versatile, rapido ed economico».
«Questa piccola costellazione inaugura un nuovo modo di fare scienza con dei piccoli satelliti che “sintetizzano” un telescopio grande quanto l’orbita in cui volano, con un diametro di quasi quattordicimila chilometri», spiega il presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica Roberto Ragazzoni. «Gli astronomi hanno già utilizzato questo tipo di tecniche, ma è la prima volta che succede con satelliti di piccola taglia per sorgenti X e gamma anche provenienti da oggetti celesti al di fuori della nostra galassia. Contiamo sia un modello su cui implementare nuovi modi di osservare il cosmo dallo spazio».
I sei nanosatelliti Hermes in configurazione compatta (pannelli solari chiusi), al termine della loro integrazione presso la camera pulita di Astra Lab – Dipartimento di scienze e tecnologie aerospaziali del Politecnico di Milano
«Il Politecnico di Milano ha avuto un ruolo determinante in diverse fasi del progetto, dalla progettazione e integrazione dei satelliti ai test ambientali finali, utilizzando le proprie strutture e collaborando con partner d’eccellenza. Decisivo è il ruolo del laboratorio Advanced Space Technologies for Robotics & Astrodynamics (Astra) del Dipartimento di scienze e tecnologie aerospaziali (Daer), leader nella ricerca aerospaziale», commenta la rettrice del Politecnico di Milano, Donatella Sciuto. «Questo progetto evidenzia nuovamente la capacità dell’Ateneo di essere all’avanguardia nella ricerca e nell’innovazione tecnologica, oltre alla sua abilità di creare sinergie efficaci di fronte a sfide significative alle quali questa missione contribuirà con sicuri risultati».
I sei satelliti Hermes Pathfinder sono stati progettati, realizzati e integrati presso le strutture del Daer del Politecnico di Milano, mentre i sei payload a raggi X/gamma sono stati sviluppati, integrati, testati e calibrati presso le strutture Inaf a Roma e della Fondazione Bruno Kessler a Trento. Il software di bordo dei payload è stato realizzato a cura dell’Università di Tubingen. I test ambientali finali sui satelliti sono stati svolti dal Politecnico di Milano, sfruttando le strutture del Politecnico stesso per la qualifica e l’accettazione meccanica, e gli impianti presso Thales Alenia Space a Gorgonzola (MI) e presso Inaf Roma per la qualifica in termo-vuoto.
La missione vanta anche importanti contributi e collaborazioni internazionali, in quanto tre delle sei unità di volo sono state sviluppate e realizzate nell’ambito del progetto Hermes-Sp del programma Horizon 2020 finanziato dalla Commissione Europea. Inoltre, la stazione di terra a Katherine, in Australia, è gestita dall’Università della Tasmania nell’ambito di un accordo con l’Inaf, l’Università di Melbourne e l’Università di Masaryk.
La costellazione realizzata sotto la guida dell’Asi è in grado di monitorare in modo continuo quasi tutto il cielo e di trasferire in pochi minuti alla comunità scientifica le coordinate degli eventi cosmici avvenuti, grazie alle sue capacità di co-puntamento, attraverso un collegamento continuo con la costellazione Iridium, la rete di stazioni di terra dedicate, il Mission Operation Center (Moc) e il Scientific Operation Center (Soc).
Il Moc della missione, che gestirà la fase operativa, è stato realizzato dalla società Altec Spa di Torino su finanziamento nazionale dell’Asi, mentre il Soc è ospitato nel Space Science Data Center (Ssdc) dell’Agenzia a Roma. Due stazioni di terra dedicate supporteranno l’operazione, una acquisita e installata dal gruppo del Politecnico di Milano presso il laboratorio sperimentale dello stesso ateneo, sito a Spino D’Adda (Cremona) in Italia e una seconda a Katherine.