SPIEGATO UN “GIANT FLARE” SCOPERTO CON INTEGRAL 20 ANNI FA

A volte ritornano: il brillamento gigante del 2004

Vent’anni dopo l’osservazione del più potente brillamento gigante di magnetar mai rivelato, un nuovo modello teorico spiega i dettagli di una componente dell’emissione rimasta a lungo misteriosa, mettendo in relazione questi poderosi eventi con la produzione di elementi pesanti come l’oro e il platino. Con i commenti di Sandro Mereghetti dell’Inaf, che aveva analizzato i dati originali

BRILLAMENTI DI MAGNETAR ”FUCINE D’ORO” COME LE KILONOVE

Una nuova origine per l’oro e altri elementi pesanti

Anche le magnetar, attraverso i brillamenti giganti, possono contribuire alla formazione di oro e altri elementi pesanti, processo che finora era stato identificato solo nelle rare collisioni tra due stelle di neutroni. È il risultato di uno studio teorico guidato da ricercatori della Columbia University e del Flatiron Institute, che spiega dopo vent’anni un misterioso segnale osservato da satelliti Nasa ed Esa nel 2004

A BORDO UN RADAR UNICO PER MISURARE LA BIOMASSA LEGNOSA

Biomass è in orbita per monitorare le foreste

L’equipe di specialisti nel monitoraggio della salute del nostro pianeta si arricchisce oggi di un nuovo collaboratore, Biomass. Sviluppato da Esa con la guida di Airbus Uk, il satellite è dotato di strumenti unici per monitorare le foreste, misurare la biomassa e stimare la quantità di CO2 immagazzinata nella biosfera terrestre

GRAZIE AI DATI RACCOLTI DALLO SPETTROGRAFO HARPS-N INSTALLATO AL TNG

Pianeta di acqua svelato dai cieli delle Canarie

Un team guidato dall’Inaf ha misurato con grande precisione la massa del pianeta Kepler-10c, definendolo come un possibile mondo in gran parte composto da ghiaccio di acqua. Lo studio, pubblicato oggi su A&A, ha permesso anche di confermare la presenza di un altro pianeta nel sistema di Kepler-10, fornendo nuove informazioni per comprendere la formazione dei pianeti e le origini del Sistema solare

IL MODELLO POTREBBE RISOLVERE LA TENSIONE DI HUBBLE

E se anche l’universo ruotasse?

Uno studio pubblicato su Mnras propone che l’universo ruoti, anche se in modo estremamente lento: ogni 500 miliardi di anni. L’ipotesi non sembra violare nessuna delle leggi fisiche conosciute e potrebbe spiegare perché le misurazioni dell’espansione dell’universo non sono concordi. Ora occorre un modello computazionale della teoria, così come un modo per individuare i segni di questa lenta rotazione

COME LE INCRESPATURE PRODOTTE DA UN SASSO LANCIATO IN UNO STAGNO

Nero shocking: onde d’urto da buchi neri stellari

I buchi neri, anche quelli relativamente piccoli, lasciano nello spazio impronte significative, che si estendono ben oltre le regioni immediatamente vicine. Da una ricerca condotta con il radiotelescopio MeerKat emerge infatti che i buchi neri di massa stellare emettono potenti getti d’energia che generano, a loro volta, enormi onde d’urto, arrivando così a scolpire lo spazio circostante e a influenzare i dintorni galattici

A 223 MILIONI DI CHILOMETRI DALLA TERRA

Tête-à-tête di Lucy con Donaldjohanson

Lucy ha completato con successo il sorvolo dell’asteroide Donaldjohanson, il più piccolo tra gli obiettivi della missione. Le prime immagini, catturate dallo strumento L’Lorri e trasmesse a Terra nei giorni scorsi, mostrano un corpo celeste dalla forma bilobata e dalla geologia complessa. Il prossimo appuntamento in agenda è con il troiano di Giove Eurybates e il suo satellite Queta, previsto per il 2027