A volte ritornano: segnali da Voyager 1 e da Slim
Due attesissime chiamate dallo spazio hanno raggiunto il nostro pianeta nei giorni scorsi. Una è arrivata dal piccolo lander giapponese Slim, adagiato sul suolo lunare dal 20 gennaio, giunto alla sua terza alba lunare. L’altra dalla sonda Voyager 1 della Nasa, ormai a oltre 24 miliardi di km dalla Terra, che da cinque mesi non riusciva più a inviare pacchetti di dati correttamente formati
Grani di Ryugu analizzati con l’olografia elettronica
L’analisi dei campioni dell’asteroide Ryugu ha permesso di rivelare nuovi e interessanti aspetti sul “bombardamento” fisico e magnetico a cui sono sottoposti gli asteroidi nello spazio interplanetario. Lo studio si è servito di una tecnica avanzata di imaging chiamata olografia elettronica, che ha rivelato i dettagli della struttura interna dei frammenti dell’asteroide e delle loro proprietà magnetiche ed elettriche
Einstein Probe spalanca gli occhi sul cielo X
Presentate al 7° workshop del consorzio Einstein Probe, a Pechino, le prime immagini catturate dalla missione lanciata a inizio anno. Confermano le potenzialità del satellite e mostrano che le sue ottiche a “occhi d’aragosta” sono pronte a monitorare il cielo a raggi X. «Einstein Probe è la missione che ci vuole per catturare e studiare i transienti nel cielo X», dicono Luigi Piro e Giancarlo Ghirlanda dell’Inaf, “appointed scientists” per la partecipazione Esa alla missione
Sotto il cielo dell’eclissi
L’eclissi totale di Sole dell’8 aprile 2024 era una buona occasione per riprendere tutti i pianeti del Sistema solare su un unico frame. Inoltre in cielo c’era anche la cometa 12P/Pons-Brooks, prossima al perielio. A Burleson, in Texas, abbiamo avuto la possibilità di usare una delle camere grandangolari del progetto Astra, sviluppato all’Inaf di Bologna. Ecco com’è andata
Scorciatoie spaziali con la teoria dei nodi
Per spostarsi tra due orbite utilizzando la minor quantità di carburante possibile occorre scegliere il percorso migliore. Due scienziati dell’Università del Surrey hanno sviluppato un nuovo metodo per trovare questi percorsi. «Tutte le missioni spaziali che vengono concepite cercando di sfruttare la caoticità del problema dei tre corpi per ridurre il consumo di carburante possono beneficiare del nostro approccio», dice a Media Inaf Nicola Baresi, uno dei due autori dello studio
Così giovani e già così barrate
Su 368 galassie a disco primordiali osservate con il James Webb Space Telescope da un team della Durham University, quasi il venti per cento mostra la presenza di barre: il doppio di quanto stimato con Hubble. Pubblicato questa settimana su Mnras, è un risultato inaspettato: suggerisce che le prime galassie dell’universo si sarebbero evolute molto più velocemente di quanto teorizzato in precedenza